Morgan, dai Gufi a Chomsky
L’autobiografia di un artista

«Guardando insieme con Celentano il Festival dal quale ero stato escluso (2010, ndr) venne fuori l’idea situazionista di condurre il successivo insieme». Valletta Simona Ventura: «Sarebbero venuti tutti: De Gregori, Battiato, Dalla, Guccini, Vasco, Jovanotti, Bennato, Conte, Paoli, Fossati, Venditti. L’idea era: musica di grande qualità. Nuova ondata della musica italiana, rinascita...». Poi non se ne fece nulla naturalmente.

Fra i tanti volumi di e su cantanti che riempiono gli scaffali delle librerie spicca questo «Il libro di Morgan. Io, l’amore, la musica, gli stronzi e Dio» firmato da Marco Castoldi, uno con un cognome da mobilificio brianzolo (quello era infatti il suo destino familiare) e che invece è cresciuto tra Heidegger e i Gufi, tra Lou Reed e Chomsky. Lo dedica, nell’esergo, «a me stesso, ad Anna-Lou e Lara, a Johann Sebastian Bach, Maria De Filippi e Gesù di Nazareth» e a ben vedere è un bel riassunto di questa tutto-meno-che-ipocrita autobiografia.

Si ama o si odia, Morgan, perché lui per primo i tiepidi li vomita. Si racconta come un bambino che passava «da Goldrake-Actarus ai Duran Duran», poi un ragazzo che suonava in chiesa, cresciuto «tra la classica e il rock, che probabilmente sono i due estremi che si toccano, e a volte si confondono». Segnato dal suicidio del padre, un uomo diversissimo da lui che «si è tolto la vita a 46 anni» perché «incapace di sopravvivere» dovendo mantenere la famiglia «in ristrettezza economica».

Oggi Morgan è un uomo colto e un artista vero, come se ne vedono pochi, soprattutto in tv. E come tale resta un tipo strano, che chiama per telefono Battiato alle 5 del mattino quando lui - una sorta di secondo padre - si è già alzato per la giornata successiva. Uno che ha digerito di tutto ma fino a un certo punto: «Io rifiuto l’idea squadristica, reazionaria, ottusa e poco intelligente della musica pop come viene comunemente intesa nelle radio e nell’industria discografica. A me piace la musica popolare». Rimpiange un po’, lo ammette, quello scampolo di vita vissuta a Milano con Asia Argento e la loro bimba piccola, 15 anni fa, «l’unica famiglia che io sia mai stato in grado di avere. Una famiglia semplice, come dovrebbero essere tutte le famiglie». Perché «l’amore non è una cosa che conta, è una casa che canta».

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