Ordine controllabile?
La vita non ce l’ha

«La vita non è in ordine alfabetico». Ma i piccoli poemi in prosa di cui si compone quest’ultimo libro di Andrea Bajani (Einaudi, pp. 130, euro 12,50), sì. Dalla «A» di «Amore» alla «Z» di «Zoo». Trentotto brani brevissimi, tutti narrati con il «tu», come ad accorciare le distanze fra personaggio e lettore; tutti, rigo più rigo meno, di una pagina a mezza, come costretti nella gabbia di una rubrica giornalistica.

«La vita non è in ordine alfabetico». Ma i piccoli poemi in prosa di cui si compone quest’ultimo libro di Andrea Bajani (Einaudi, pp. 130, euro 12,50), sì. Dalla «A» di «Amore» alla «Z» di «Zoo». Trentotto brani brevissimi, tutti narrati con il «tu», come ad accorciare le distanze fra personaggio e lettore; tutti, rigo più rigo meno, di una pagina a mezza, come costretti nella gabbia di una rubrica giornalistica.

Epifanie, scampoli, affioramenti di vita. Anche se la vera epifania è la scoperta dell’alfabeto, quelle ventuno lettere con cui la vita possiamo dirla: con cui «si può nascere e morire, amare e soffrire». Trentotto cammei, frammenti di un discorso non solo amoroso (anche quelli di Barthes in rigoroso ordine alfabetico) ma più genericamente sulla vita, nella sua intera campata: da «tuo figlio che nasceva» («A» come «Amore») alla bambina con i denti messi a caso che ha paura del «Buio» (“«B») e non vuole che il papà si allontani, all’anziana già data per morta, ridotta a un intrico di cavi, flebo e spie luminose su un letto d’ospedale. Estrema unzione già celebrata, anima già traghettata oltre la prigione del corpo, campana che sembra già suonata… E invece no, sangue e polmoni giocano a contraddire il verdetto, la vita beffa i pronostici, lei esce dall’ospedale .

La vita non è in ordine alfabetico: non è in ordine, punto. È caos e caso, imprevedibilità e divergenza: «Amore», il primo cammeo, il primo grano di questo rosario sul pulsare dell’esistenza: un papà sta assistendo al parto della moglie e le tiene la mano. La moglie urla per le doglie e lui non riesce a non pensare al cane di sua zia acciambellato sotto al tavolo di un ristorante. Nella fornita cassetta degli attrezzi che rende/si sforza di rendere viva, immaginifica, «poetica» la scrittura di Bajani, sopravvive anche qui, talvolta fortissimo, uno stilema suo tipico, se non caratterizzante: il gioco, l’inversione di rapporto, fra realtà e metafora; lo sforzo di rendere tangibile, sensibile, concretissimo l’impalpabile della materia psichica.

Una signora, in treno, rovescia tutta la sua vita addosso a sconosciuto dirimpettaio. Scesa, dimentica il cuore nello scompartimento. E lui si accorge, con sgomento, di quella cosa viva, pulsante, spaventosa che gli è rimasta sulle gambe: «Un animale atterrito, che tentava di sfuggire alla tua presa».n 
Vincenzo Guercio

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