Terre selvagge
segnate dalla storia

Le «Terre selvagge» che danno titolo e scena all’ultimo romanzo di Sebastiano Vassalli (Rizzoli) sono i Campi Raudii, la pianura tra Novara e Vercelli dove le legioni di Roma sconfissero e quasi cancellarono dalla storia i Cimbri.

Le «Terre selvagge» che danno titolo e scena all’ultimo romanzo di Sebastiano Vassalli (Rizzoli) sono i Campi Raudii, la pianura tra Novara e Vercelli dove le legioni di Roma sconfissero e quasi cancellarono dalla storia i Cimbri, alla fine d’agosto del 652 ab Urbe condita, o 101 a. C. del calendario cristiano.

Quindi: Vassalli resta fedele al suo sistema fondato sulla ricerca storica, indagine del passato per cavarne tracce di verità sempre uguali sull’uomo, allusive illuminazioni dell’oggi, e, «perché no?», del futuro, di un’Europa divisa fra le sue «molte anime». Le storie umane, pur cambiando nei particolari, «continuano a ripetersi».

La storia è una «monotona ripetizione», diceva Consalvo Uzeda nei magnifici, e ancor sottovalutati, «Viceré» di De Roberto: gli uomini «sono stati, sono e saranno sempre gli stessi». Non dissimilmente Vassalli: «Le vicende umane, allora come oggi, più le guardi da vicino e più sono tutte uguali. Gli uomini, gira e rigira, fanno sempre le stesse cose».

Dai tempi ai luoghi, dalle storie alle geografie: nella travolgente era della globalizzazione e mondializzazione, tanti scrittori, più i maturi che i giovanissimi, si sono abbarbicati, come l’edera al tronco amato, come la vite all’olmo, alle loro piccole patrie. Vassalli, in quel Piemonte, in quella pianura novarese che fu teatro dell’epica vittoria di Mario, ci vive e ne scrive da sempre. La Pariani ha messo radici, letterarie e di vita, presso il suo lago d’Orta. Andrea Vitali non ambienta riga se non nella natìa Bellano.

Il fenomeno meriterebbe più ampio vaglio critico/antropologico. Il libro è la ricostruzione di una «delle più grandi battaglie del mondo antico e dell’intera vicenda umana», in cui morirono, secondo Vassalli, molti più uomini di quanti ne uccisero «le bombe atomiche americane» (dubbio assai). Tito Livio parla di centoquarantamila morti solo fra le file dei Cimbri. Ora è lui, Vassalli, dopo secoli di cancellazioni ed oblio, a raccogliere «l’urlo silenzioso» di tutti quei caduti. Una ricostruzione difficile, in un quadro intorbidato dai falsi interessati di Silla, che voleva esaltare se stesso, capo del partito conservatore, e screditare Mario, alla testa dell’avversa fazione «democratica» o «progressista».

La storia, insomma, come verità assoluta «non esiste». E la verità «non la regala nessuno. Bisogna cercarla».
Vincenzo Guercio

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