Diabete e obesità
Rapporto strettissimo

«Un'altra importante tappa nella conoscenza del rapporto tra genesi dell'obesità e insorgenza del diabete; ancora una volta un frutto della ricerca italiana». Con queste parole Enzo Nisoli, presidente della Società italiana dell'obesità (SIO) ha commentato la pubblicazione avvenuta la scorsa settimana sulla prestigiosa rivista Journal of Lipid Research dei risultati dell'ultimo studio del gruppo di Saverio Cinti, Direttore del Centro obesità dell'Università di Ancona.

Cinti ha scoperto il meccanismo che porta alla morte degli adipociti (le cellule del grasso corporeo) nella persona obesa, meccanismo che è alla base dell'infiammazione che accompagna l'obesità e favorisce il diabete.
Racconta Cinti: «Nel 2005 abbiamo scoperto che l'infiammazione che caratterizza il tessuto adiposo, e che è fortemente implicata nella patogenesi del diabete di tipo 2, è dovuta alla morte degli adipociti obesi. Successivamente, nel 2008, abbiamo scoperto che gli adipociti viscerali sono più fragili e quindi più propensi alla morte di quelli del tessuto sottocutaneo, offrendo così una possibile spiegazione al fatto che l'accumulo di grasso viscerale (a mela, più frequente nel sesso maschile) è più pericoloso per le conseguenze metaboliche di quello sottocutaneo (a pera, più frequente nel sesso femminile). Ora abbiamo scoperto il meccanismo che porta alla morte gli adipociti obesi».

Questo tipo di morte cellulare si chiama piroptosi (perchè è associata ad una vivace reazione da parte dell'organismo, che spesso implica la presenza di febbre). «Infatti a differenza dell'apoptosi, modalità più nota di morte cellulare programmata, la piroptosi evoca una risposta infiammatoria indotta dall'attivazione di una reazione molecolare cellulare detta inflammosoma - spiega Cinti - che implica l'attivazione di un enzima, la caspasi. Questo enzima, a sua volta, attiva e promuove la secrezione di citochine infiammatorie, che provocano una serie di danni che vanno dalla interferenza funzionale con il recettore insulinico, provocando quindi il diabete tipo 2, alla possibilità di attivazione di meccanismi di autoimmunità e, forse, anche di stimolo alla degenerazione neoplastica».

«Il diabete di tipo 2 è, infatti, la più diffusa complicanza dell'obesità, in quanto circa l'85% dei pazienti con diabete di tipo 2 è obesa, ed è noto che le persone obese hanno maggiore propensione, circa 2-3 volte rispetto ai magri, al carcinoma dell'esofago, della mammella e del colon», chiarisce Cinti. (ITALPRESS).

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