Aids, la nuova risposta
si chiama «p17»

La nuova risposta della medicina contro l'Aids, una scoperta tutta italiana, è il "p17", un vaccino terapeutico che sta per essere sperimentato sull'uomo e che è stato presentato questa mattina ai giornalisti nella sala stampa dell'Università della Calabria.

A presentare il nuovo vaccino e a fare il punto sulle nuove modalità di controllo della replicazione virale, sono stati due luminari della medicina internazionale: il professor Robert Gallo, famoso virologo americano che ha dedicato gran parte della sua attività scientifica allo studio dell`Aids, e il professor Arnaldo Caruso, originario di Cosenza, ordinario di Microbiologia nell`Università di Brescia, che ha coordinato l'innovativa attività di ricerca, interamente realizzata in Italia.

Il via libera alla "p17" è arrivato dall'Istituto superiore della sanità, dopo il superamento della fase preclinica, quella in cui la sostanza in procinto di essere sperimentata sull'uomo è stata prima sottoposta ad un lungo periodo di studio in laboratorio. La sostanza è risultata non tossica ed efficace, per cui è ora possibile iniziare la prima fase clinica.

È stato Enrico Garaci, presidente dell'istituto superiore di sanità, ad annunciare l'avvio della sperimentazione sull'uomo n un incontro scientifico presso la Facoltà di Medicina dell'Università degli Studi di Brescia.

La sperimentazione di fase 1 sarà curata, per la ricerca, dal professor Arnaldo Caruso, ordinario di microbiologia dell'Università e responsabile del reparto di microbiologia Pediatrica degli Spedali Civili di Brescia e per la clinica del professor Franco Baldelli, Direttore dell'istituto Malattie infettive dell'Università degli studi di Perugia.

«Studi effettuati dalla mia equipè - spiega Caruso- hanno chiaramente dimostrato come la proteina di matrice del virus HIV, denominata p17, viene rilasciata dalle cellule infette promuovendo la proliferazione del virus e la sua diffusione all'interno del nostro organismo. Il virus dopo aver legato la cellula bersaglio ed essere penetrato al suo interno, inizia a replicare».

«E` a questo punto - continua Caruso - che la cellula infettata produce grandi quantità di proteine virali che, in parte, andranno a formare nuovi virus e, in parte, verranno rilasciate nel microambiente extracellulare».

E fra queste vi è la «p17» che, interagendo con una molecola espressa sulla superficie di altre cellule bersaglio del virus HIV, le attiva rendendole più suscettibili all'infezione e le predispone a sostenere una ottimale replicazione virale. «Se questa proteina venisse a mancare - spiega ancora Caruso - il virus troverebbe un numero nettamente inferiore di cellule attive e, quindi, capaci di sostenerne la replicazione». Una volta che il virus entra nell'organismo, vengono prodotti anticorpi verso zone non funzionali della p17. La proteina p17, infatti, ha un sito attivo molto specifico che non viene riconosciuto come immunogeno, sostanza in grado di provocare una risposta immune, dal sistema immunitario e, quindi, non attaccato da anticorpi.

Dato questo meccanismo ecco in cosa consiste l'innovativa terapia: ha il ruolo di inoculare nel paziente già infetto dall'Hiv la sola porzione attiva della «p17» resa immunogenica, cioè in grado di promuovere la formazione di specifici anticorpi, attraverso il legame con una proteina trasportatrice.

«Il risultato finale atteso - chiarisce Caruso - è quello di rallentare enormemente la capacità del virus di replicare e diffondersi nel nostro organismo. L'obiettivo finale della vaccinazione terapeutica è quindi la convivenza del nostro organismo con il virus dell'Aids, promuovendo quella condizione clinica, non nuova ad altre infezioni virali, che permette di definire il paziente con il termine di portatore sano».

La ricerca, che porta alla sperimentazione in fase 1 del vaccino terapeutico per bloccare l'attività biologica del virus HIV, nasce da un'idea italiana ed è stata sviluppata interamente a Brescia. Gli studi clinici volti ad appurare la sicurezza e l'immunogenicità del vaccino si svolgeranno, oltre che all'Istituto delle malattie Infettive dell'Università di Perugia, anche in altri tre centri a Milano, Torino e Brescia.

Terminata la prima fase di studio clinico - che durerà circa un anno ed inizierà probabilmente già prima della fine del 2009 - a fronte di risultati positivi, si procederà ad effettuare la seconda fase di sperimentazione, volta a valutare l'efficacia del vaccino sull'uomo ed applicata, come prevede il protocollo, ad un ampio gruppo di pazienti.

La terza ed ultima fase, infine, consiste in uno studio multicentrico con la sostanza inoculata ad un campione il più vasto possibile di persone ed in più centri a livello internazionale. Il vaccino p17 che verrà a breve sperimentato in Italia è definito terapeutico perchè è somministrato a persone già infette. Dunque, un'ulteriore arma, volta a controllare l'evoluzione di una malattia che, malgrado la disponibilità negli ultimi anni di farmaci antivirali molto potenti, causa ancora milioni di vittime ogni anno specialmente nelle aree più povere del mondo.

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