L’influenza «viaggia»
ma il picco a febbraio

Dopo la pausa delle vacanze di Natale, in cui ci sono stati meno casi di sindromi influenzali segnalati dai medici, il virus è tornato a colpire e sempre più italiani sono a letto con l’influenza, anche se il picco ancora non è stato raggiunto, ed è atteso tra tre settimane circa.

Per ora i più bersagliati, secondo i dati dell’Istituto superiore di Sanità (Iss), sono i bambini sotto i 5 anni, anche se questa stagione al momento sembra avere un numero di casi inferiore alle precedenti. In particolare, tra il 6 e 12 gennaio, il livello dell’incidenza delle sindromi influenzali è stato di 3,61 casi per mille assistiti, per un totale di circa 215 mila casi stimati, e 1.086.000 dall’inizio della sorveglianza influenzale.

Tra i bambini da 0 a 4 anni, i più colpiti, si registrano circa 6 casi ogni 1000 assistiti. Segue la fascia tra i 15 e 64 anni con 3,93 casi, i bambini tra i 5 e 14 anni con 3,72 casi, e gli over 65 anni con 1,92 casi per mille assistiti. “In questa stagione - commenta Stefania Salmaso, direttore del centro di epidemiologia dell’Iss - l’incidenza per fasce d’età appare meno differenziata rispetto agli anni scorsi. I più colpiti sono i bambini sotto i 5 anni, mentre tra i 5 e i 65 anni si hanno valori simili. Si tratta di una situazione di media intensità, e il picco è atteso tra la 5° e 8° settimana dell’anno”.

E a proposito dei bambini, arriva l’invito da parte della Società di infettivologia pediatrica (Sitip) a non portarli, se non nei casi più gravi, in pronto soccorso per l’influenza che si può gestire con il pediatra di famiglia. I virus influenzali stanno comparendo, con frequenza sempre maggiore, solo in quest’ultima settimana - precisa la Sitip - e il picco di malattia è previsto tra fine di gennaio e il mese di febbraio. “L’influenza deve essere gestita sul territorio, dal pediatra di famiglia - spiega Susanna Esposito, presidente della Sitip - e i ricoveri ospedalieri devono essere limitati ai casi di effettiva necessità, per evitare al bambino un inutile disagio legato alla degenza lontano dall’ambiente familiare, contenere i costi, e non favorire la diffusione del virus in ospedale”. Il ricovero, spiega, si può considerare in caso di incapacità della famiglia a gestire il problema, età inferiore a 3 mesi associata a fattori di rischio, e deve essere immediato in caso di disidratazione, insufficienza respiratoria, convulsioni o bronchiolite in lattanti sotto i 3 mesi. (ANSA).

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