Mantenere il calo del peso
è un’impresa difficilissima

Perdere peso, ma soprattutto non riacquistarlo nel tempo, sembra una missione impossibile per oltre 2 miliardi di persone in condizione di sovrappeso o obesità, secondo i dati divulgati in occasione della giornata europea dell’obesità.

«Il numero delle persone obese o in sovrappeso è in costante crescita e non c’è piena consapevolezza dei rischi che questo stato comporta», avverte Roberto Castello, Past President AME, Associazione Medici Endocrinologi.

Ma davvero è così difficile perdere peso? «Impossibile se si considera la dieta come un periodo, più o meno lungo, di restrizione calorica senza una modifica dello stile di vita e un cambiamento relativo all’investimento emotivo sul cibo - afferma Amelia Brunani, Endocrinologa, Ospedale San Giuseppe di Verbania -. L’errore è quello di sottovalutare il problema, di procedere con diete fai-da-te e non considerare che ogni regime dietetico ha un riflesso sul metabolismo neuroendocrino. Infatti, secondo la National Health and Nutrition Examination Survey condotta dall’organo americano per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC), solo il 15% di pazienti sovrappeso o obesi mantengono un calo di peso del 10% a un anno. Una possibile spiegazione è la discontinuità nel seguire regimi dietetici troppo rigidi per lunghi periodi, ma esiste anche una spiegazione che è lo sviluppo di meccanismi di adattamento metabolico alla perdita di peso, ed un aumento della fame per la comparsa di modificazioni ormonali che determinano un recupero di peso. In pratica, ogni tentativo di dieta lascia una memoria metabolica che a sua volta sviluppa, nel tempo, dei meccanismi di resistenza alla perdita di peso. Ed è per questi motivi che è il concetto di dieta ad essere sbagliato: non si otterranno risultati duraturi se da un regime di dieta non si passa ad un cambio stabile di stile di vita inteso come alimentazione e attività fisica».

«Anche una perdita di peso modesta, corrispondente al 5%-10% del peso, porta ad una riduzione dei fattori di rischio - prosegue Amelia Brunani - e quindi alla prevenzione di diverse condizioni associate all’obesità quali diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari, ipertensione, dislipidemia, apnee notturne, steatosi epatica, osteoartrosi e depressione. La scelta dietetica deve considerare il sesso, l’età, l’entità della massa muscolare, le patologie associate e i farmaci assunti ma anche il tipo di lavoro e le abitudini alimentari magari legate a nazionalità e religione. Se la valutazione della perdita di peso a breve termine è diversa usando schemi nutrizionali diversi, è molto più importante la valutazione dei risultati a lungo termine. Il paziente dovrebbe essere aiutato dal proprio Medico di Medicina Generale ad avere una maggiore consapevolezza del proprio peso e delle abitudini alimentari sbagliate e dovrebbe essere indirizzato allo specialista endocrinologo o nutrizionista non solo quando il danno è fatto. Quindi - conclude Amelia Brunani - mai diete fai-da-te che possono essere più dannose che altro e sempre rivolgersi ad uno specialista, soprattutto in presenza di patologie concomitanti come diabete o ipertensione; in questo caso lo specialista potrà dare indicazioni specifiche sullo stile di vita da adottare non solo per la diminuzione del peso ma anche per la cura delle patologie esistenti».

«Sul tema dell’obesità e sui principali temi endocrinologici - conclude Roberto Castello - la letteratura biomedica si arricchisce di nuovi contributi scientifici con un ritmo molto elevato e ciò rappresenta una grande risorsa ed un’opportunità preziosa, ma pone anche alcune criticità, come il saper distinguere le semplici novità dalle vere innovazioni e l’imparare a portare le migliori evidenze scientifiche all’interno della pratica clinica quotidiana in modo utile e costruttivo. L’AME organizza convegni di aggiornamento per portare le evidenze scientifiche nella gestione pratica del paziente».

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