Sono sedentari 4 italiani su 10
La sedentarietà è una nuova malattia

Catania ha recentemente ospitato il XXXIV Congresso Nazionale della Federazione Medico Sportiva Italiana (FMSI) : «Sedentarietà: una nuova patologia». L’Italia, infatti, è nella top 20 delle nazioni più pigre al mondo: 17esima, con un indice di inattività del 54,7%. La media si ferma al 31,1%. Se rapportata all’Unione Europea, il quadro è ancora più desolante.

Siamo quinti, superati soltanto da Malta, Cipro, Serbia e Regno Unito. L’Istat censiva, nel 2013, oltre 24 milioni di sedentari, pari a circa il 42% della popolazione.

Diversi studi hanno ormai dimostrato che la sedentarietà riduce la neuroplasticità e le dimensioni dell’ippocampo, oltre a favorire l’invecchiamento dei telomeri. L’attività fisica, favorisce al contrario un effetto neuroprotettivo, con risultati di apprendimento migliorati. Ecco perché rimane fortemente indicato pure in terza età. Elemento fondamentale in una società sempre più anziana, che con tutta probabilità sarà sempre più gravata dall’aumento esponenziale di malattie croniche. Ma l’invecchiamento - ricorda la FMSI - può avvenire in salute, riducendo i tassi di sedentarietà, oppure in malattia favorita nelle persone che non praticano esercizio.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, i decessi per le non communicable diseases aumenteranno del 17% nei prossimi 10 anni ma, con interventi coordinati, sarà possibile evitare oltre 30 milioni di morti premature nel mondo entro il 2015, delle quali quasi il 50% negli under 70. Inquadrare la sedentarietà come una patologia vera e propria permetterà anche di intervenire dal punto di vista dei costi socio-sanitari, riducendo così il carico totale. Di questo si occuperanno, durante il congresso, Lanfranco Senn, dell’Università Bocconi di Milano, con cui la FMSI ha collaborato per una ricerca sui costi dell’inattività fisica e della sedentarietà, con la lettura «I costi sociali della sedentarietà» e Sergio Pecorelli, Presidente dell’AIFA, con la lettura «La nuova medicina e la sostenibilità del sistema».

L’Italia è considerato, a livello internazionale, all’avanguardia in tema di legislazione e tutela sanitaria per gli sportivi, sia a livello agonistico che amatoriale. Esistono 65.000 società affiliate alle Federazioni riconosciute dal CONI, numeri in lenta ma costante crescita. Gli atleti tesserati sono oltre 4,6 milioni, quasi l’8% della popolazione italiana. Nel 2001 questo valore era pari al 5,9% ed è aumentato durante l’ultimo decennio. Dal 1982 è obbligatoria - prosegue la FMSI - la visita di idoneità annuale per tutti gli atleti tesserati, visita che ha ridotto le morti improvvise sui campi di gara dell’89%.

L’idoneità annuale rappresenta - secondo la FMSI - il più valido strumento di prevenzione per la tutela sanitaria. Permette infatti anche di rilevare piccole patologie, non controindicanti l’attività agonistica che, se tempestivamente diagnosticate, comportano sia un ampio risparmio per il Sistema Sanitario Nazionale, a beneficio della collettività, che una migliore qualità della vita del singolo. Questo mette in chiara evidenza l’importanza della figura del medico dello sport, non solo a livello professionistico, ma in particolar modo nelle categorie amatoriali e giovanili, perché riveste un ruolo fondamentale nell’educazione e nella formazione verso la salute come bene imprescindibile. Il movimento fisico è, insieme alla corretta alimentazione, uno dei garanti del benessere individuale. E va prescritto come terapia, al pari di un farmaco, nella giusta dose individuale, dove la sedentarietà deve essere - chiedono i medici della FMSI - riconosciuta come patologia.

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