Sorpresa da uno studio Usa
Gli obesi rischiano di meno

Essere obesi può portare a vivere di più, con meno rischi per il cuore. Chi è in forte sovrappeso, infatti, sembra essere meno soggetto a morire per problemi cardiaci rispetto a una persona estremamente magra. Il sorprendente risultato arriva da una ricerca della State University of New York.

Essere obesi può portare a vivere di più, con meno rischi per il cuore. Chi è in forte sovrappeso, infatti, sembra essere meno soggetto a morire per problemi cardiaci rispetto a una persona estremamente magra. Il sorprendente risultato arriva da una ricerca della State University of New York, negli Usa, pubblicata sulla rivista Mayo Clinic Proceedings.

I ricercatori spiegano, in sostanza, che sebbene il peso eccessivo sia associato a livelli elevati di insulina e colesterolo e alla pressione alta, tutti fattori che predispongono a un maggiore rischio per il cuore, di fatto in una sorta di «paradosso dell’obesità» chi ha questo problema è meno soggetto al rischio di morire per un infarto o per altre malattie cardio-vascolari.

La conferma viene dalla revisione di 36 studi precedenti, che ha permesso di osservare come un indice di massa corporea che va da 30 a 35, che denota sovrappeso e obesità, sia associato con un tasso di mortalità del 27 per cento inferiore a quello di persone dal peso ritenuto normale (con un indice di massa corporea pari a 20).

A questo si aggiunge un rischio specifico per il cuore (infarto,malattie cardiache) maggiore di quasi 3 volte in chi ha un indice di massa corporea basso, inferiore a 20. Varie le spiegazioni ipotizzate: in primo luogo il ruolo dei farmaci per tenere a bada pressione alta e il colesterolo, che le persone obese si vedono prescrivere più frequentemente e in dosi maggiori e che creerebbero una sorta di «riserva metabolica» protettiva e poi il fatto stesso che il cuore è abituato a lavorare di più, visti i chili extra che solitamente gestisce.

«I nostri risultati non intendono minare la legittimità delle campagne anti-obesità fatte nell’interesse della salute pubblica» sottolinea però il dottor Abhishek Sharma, che ha condotto la ricerca.

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