Dada Arrigoni
s'inventa la Dada Bag

Lo capisci da subito che Dada Arrigoni è una donna che sa sorprendere. Come i suoi gioielli, preziosissimi e intensi. E ora come le sue borse, una nuova linea che sarà ufficialmente lanciata per il prossimo autunno/inverno.

Appassionata e curiosa. Grintosa. Dada Arrigoni è un vortice. È un fulmine a ciel sereno, con i suoi capelli biondi, gli occhi intensi e i tanti colori che veste. Lo capisci da subito che è una donna che sa sorprendere e che il suo carisma non può non contagiare. Come i suoi gioielli, preziosissimi e intensi. E ora come le sue borse, una nuova linea che sarà ufficialmente lanciata per il prossimo autunno/inverno ma che è già presente con dei primi modelli estivi in alcuni negozi «test» tra cui quello di Bergamo e due boutique di Lugano e Saint Tropez.

E così, appena entri negli uffici di Daniela, che per tutti è da sempre Dada, ti colpisce la miriade di rane, di tutte le dimensioni e colori, che raccontano un po' il suo percorso. «È un animale divertente - sorride -, è il mio portafortuna». In fondo la linea di suoi gioielli «Happy Frog» è forse la più conosciuta, quella che l'ha fatta arrivare da Bergamo fino negli States con le sue creazioni sempre originali e di forte impatto. «Tutto è partito da una passione assoluta - spiega -. Facevo Lingue in Città Alta, ero giovane e con il pallino della moda. Mi dilettavo creando orecchini e ne realizzai un paio per un'amica con la tecnica dello sbalzo: me li ricordo ancora, in argento e oro, a grappolo». E capita sempre così, quasi per caso: l'amica va in vacanza, gli orecchini diventano l'oggetto del desiderio di un'altra donna, questa volta di Bologna, che contatta Dada per averne un altro paio. «D'impulso lo feci: basta Lingue, basta moda, mi sono messa a fare l'orafa» racconta e ride, vivace ed esuberante. Un fiume in piena che gioca con i suoi anelli sulle lunghe dita.

La bottega è quella di via Sant'Orsola, aperta nel 1985: «Ora l'ho ceduta e mi occupo solo delle creazioni che finiscono a Bergamo così come nel resto del mondo - e aggiunge -. C'è da dire che via Sant'Orsola resta sempre un po' la mia seconda casa, una sorta di test per le nuove creazioni. Bergamo è la mia città e gli devo molto: ha seguito con passione le mie evoluzioni». Anche ora, con queste borse: la prima nata si chiama Dada Bag, una shopping strutturata, prodotta in pitone in diversi colori, dal blu al fucsia fino al grigio e al nero passando dal verde bottiglia al caramello. Ampia, robusta e dinamica, la fodera interna va a contrasto con la tonalità esterna: il blu con il giallo, il grigio con il turchese, per un connubio elettrizzante e raffinato. Ma c'è di più, e all'interno ecco che spunta la pochette, la «Mini Dada»: «Così basta un attimo e si cambia look, abbandonando portatile e iPad nella shopper, per una serata glamour ma con stile». E per una che chiama la borsa con il suo nome, tutto è decisamente molto stiloso: «L'ho pensata sulla mia pelle, proprio come faccio con i gioielli. L'ho ideata senza metalli, senza borchie, lavorando con i contrasti di colore e con cuciture a vista che donano alla borsa profondità e carattere». Un modello continuativo a cui si aggiunge una seconda creazione, questa volta in coccodrillo: qui la forma è più rettangolare con la chiusura che fa pensare a quella di un secchiello, ma dalle linee più morbide e femminili: «Il nome? Chi lo sa, forse "Dada2"». Con il presentimento, quasi la certezza, che ci saranno dei numeri a seguire, mentre Dada continua giocare con i pellami che invadono la sua scrivania, tra le matite colorate e i bozzetti. Poi l'occhio non può non cadere sui bracciali, anche questi in pitone e coccodrillo, con la chiusura preziosa in perle e diamanti. Perché la sua arte orafa è avvolgente, è come se ti abbracciasse nelle sue forme smussate. «Quest'anno ho rieditato anche l'"Happy Frog": l'ho pensato usando diversi tipi di legno naturali, l'ebano, l'acero e il lignum vitae, oltre a un modello preziosissimo tutto in diamanti».

Un modo per festeggiare questa fase creativa: questo anello del resto è il suo pezzo icona, con quella ranocchia che tutto trasforma e che ha il sapore della favola. «Io lo penso sempre - dice poi senza tanti giri di parole -. Ognuno è quello che è, con i suoi pregi e difetti». Pregi? «Il mio istinto, la curiosità, la ricerca che amo fare tra l'arte, i viaggi in giro per il mondo, la musica. Capto i particolari delle cose che mi circondano, sono come una spugna, che assorbe sensazioni e le traduce in creazioni». A ispirarla le forme, i loro volumi. È esuberante quando crea: «Sono sempre stata un'outsider, con uno stile che salta dall'ornato al minimalista». Estrosa, vitale: «Sono terribile - ride -. Lo chieda a chi lavora con me: sono terrorizzati dalle troppe idee che mi frullano in testa. Non mi fermo mai». Ma poi si fa seria: «Sono risoluta, ma i sacrifici, l'impegno, la serietà non li dimentico mai». Come per queste borse: due anni di prove e ricerche, due anni di test. Senza mai mollare. Neanche adesso, con la nuova collezione «Tresor» in fase di lancio, sempre avvolgente nella sue forme, dallo stile neobarocco tanto è ornata e ricca di dettagli. Femminile, grintosa, anche un po' rock. «È vero - e ride -. Sono proprio terribile».

Fabiana Tinaglia

© RIPRODUZIONE RISERVATA