Clusone, vintage
che passione!

Fa l'antiquario Marco Savoldelli, ma soprattutto negli ultimi anni lavora nel settore del vintage. Borse, in particolare, di quelle che le donne sognano da generazioni. Quelle che, tra l'altro, finiscono pure nei musei perché celebrano l'alta moda.

Tutto è cominciato da un inginocchiatoio del Settecento. Per sua nonna era «roba vecchia», da buttare dal balcone come si faceva un tempo quando ci si voleva liberare dell'inutile, del passato. Ma lui, a quel pezzo, fin da bambino ci era affezionato, diventato rifugio di ricordi: fotografie e segreti custoditi nel piccolo cassetto. Parte da qui la storia di Marco Savoldelli, 44 anni di Clusone e ora residente a Seriate, con grandi mani che hanno a che fare tutto il giorno con mobili antichi, quelli che trasporta per le fiere del nord Italia. Ma anche grandi mani che accarezzano morbidi pellami, preziose chiusure, antiche cuciture di borse con una storia. Tutta da raccontare.

Fa l'antiquario Marco, ma soprattutto negli ultimi anni lavora nel settore del vintage. Borse, in particolare, di quelle che le donne sognano da generazioni. Quelle che, tra l'altro, finiscono pure nei musei perché celebrano l'alta moda. Gucci, Hermès, Prada, Fendi e Louis Vuitton. Ma anche Roberta di Camerino, Dior, e anonimi laboriosi artigiani che negli anni '50 hanno prodotto capolavori in midollino, capretto, pitone. Marco ha scoperto questo mondo quasi per caso, ma con una certezza: lasciarsi trasportare dalla «bellezza del passato, riscoprire oggetti che hanno storie da raccontare». Ma anche lui una storia ce l'ha, e parte dai mercati gastronomici della Bergamasca, a vendere formaggi insieme ai genitori. Un duro lavoro quello dell'ambulante, «ma affascinante - racconta -. Quel continuo muoversi, vedere volti che dietro hanno racconti».

Sempre di storie si finisce per parlare con lui, come quando a 28 anni entra in Seminario e ne esce insegnante di religione: «Ho lavorato per 5 anni in diverse scuole superiori di Bergamo. Intanto coltivavo la passione dell'antiquariato: la domenica ho iniziato a scoprire i mercatini dell'usato - spiega -. Prima compravo solo, chiedevo informazioni, imparavo trucchi e studiavo epoche. Poi ho iniziato a vendere anche io, cercando sempre nuovi pezzi d'antiquariato». Basta un cartello, una frase in stampatello: «"Ritiro pezzi antichi" ci avevo scritto - continua - e così ho iniziato a girare per Bergamo e Milano: ho lasciato l'insegnamento dieci anni fa e ho iniziato a fare questo: comprare e rivendere nei mercati».

Mobilio e oggettistica fino a quando in una casa, dove Marco sta acquistando dei pezzi di arredamento, i proprietari aprono gli armadi: «Si volevano liberare di tutto, l'eredità di una ballerina della Scala degli anni '70 - racconta -. Mi sono trovato davanti decine di borse». Venti Gucci in coccodrillo, per la precisione, e Marco scopre anche qui una storia fatta di artigianalità e passione, tutta femminile, per un accessorio che accompagna donne di ogni epoca. Borse di Prada, di Gucci, bauli Louis Vuitton, Kelly di Hermès. Borse appartenute a donne facoltose, ad artiste o attrici. Borse tanto desiderate. «Ho iniziato ad acquistarne, imparando a riconoscerle, capendo il valore e la bellezza». Che racconta quella delle donne a cui sono appartenute: «C'è una Baguette di Fendi che è finita nel libro delle cento più belle, Birkin intonse usate da attrici per poche uscite mondane, Chanel degli anni Settanta che ancora oggi rimpiango di aver venduto».

Perché poi il problema sta tutto qui: «Le compro e le vendo, ai mercati che faccio: la terza domenica in Città Alta, sui Navigli l'ultima domenica del mese, a Parma e a Novegro». Ma anche alla Stazione Leopolda di Firenze, una delle fiere del vintage più importanti d'Italia: qui arrivano i creativi delle case di moda che dal vintage riscoprono tessuti, lavorazioni e chiusure. «È qui che Gucci mi ha contattato la prima volta: alcune borse che avevo scovato ora sono nel museo di Firenze». Ora Marco, con la sua società Pr Luxury Vintage, collabora con le maison, stylist e pr, ma anche una fitta rete di privati, una fetta di mondo che il vintage lo ama e lo veste: «Però, io lo dico sempre - sorride -: il vintage non sta bene a tutti, bisogna sentirsela dentro quell'emozione che abbina donna a borsa». Lo ha capito bene Marco Savoldelli, quel rapporto così intricato e appassionate che lega il popolo femminile a quel pezzo di pelle o stoffa: «È la borsa che chiama la donna, che la cerca e sceglie. Sta tutto in quel piccolo mondo che la borsa custodisce, fatto di storie e sentimenti, di segreti e desideri». Chanel 2.55, Alma bag Louis Vuitton, Gucci Bamboo, pezzi della Selleria Fendi: «C'è la signora di 85 anni che vende le sue Hermès dei tempi della Dolce Vita romana perché non le interessa più rivangare quegli anni, c'è chi eredita set da viaggio Gucci ma non ne vuole sapere di tenerseli, c'è anche chi vuole liberare armadi e fare business con pezzi di alto pregio».

Chi ha il pane non ha i denti, verrebbe da dire e ora Marco questo pane lo espone in tutta la sua bellezza a Clusone: «Dopo tante fiere, mi fermo un mese e provo l'esperienza del temporary shop: solo per agosto in via Querena 52 a Clusone, mio paese d'origine. Poi si vedrà». Perché il vintage non va troppo esibito, troppo gridato. Bisogna saperlo raccontare, dice Marco, che le borse fatica a «lasciarle andare»: «Mai troppo in fretta - svela -. Ogni tanto alcuni pezzi li nascondo, per non venderli». Non subito per lo meno, anche lui se li vuole gustare un po', come quelle due papere in ciliegio e metallo, accessori Gucci degli anni '70, una pelliccia in scimmia di Elsa Schiapparelli, una Baguette Fendi tutta un ricamo di perline con la chiusura in pitone. La lista potrebbe continuare, date le oltre 2 mila borse che ha: «Prima o poi altre di queste finiranno nei musei e negli archivi delle case di moda, ma io continuo a cercare nuovi vecchi pezzi». La più richiesta? «La difficilissima Chanel 2.55. E Poi Kelly e Birkin». Pezzi da intenditori, non c'è che dire, mentre Marco veloce sposta pochette, tira fuori tracolle, raddrizza valigie. Apre e chiude ganci. «Mi vien da pensare alle mani che hanno sfiorato queste cerniere: la prima volta da chi le ha applicate, l'ultima volta da chi le ha riposte in un armadio per non usarle più». Sorride e dona nuova vita ai ricordi. Ma il pensiero va altrove: l'inginocchiatoio è ancora a casa della sua famiglia. Nel cassetto piccole foto e ricordi di bambino.

Fabiana Tinaglia

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