Quando il tappeto è opera d’arte

Arte e tappeti, esiste un legame? A raccontare questo connubio sono manufatti creati da artisti che carpiscono le tecniche del passato per realizzare nuovi manufatti dai colori e dalle fantasie moderne. Ne è un esempio l’opera di Jurgen Dahlmanns che la scorsa settimana ha esposto le sue nuove collezioni di tappeti moderni al Chiostro di San Marta, a Bergamo, con la collaborazione e il mecenatismo della famiglia Cobelli, titolare de «La Torre Tappeti».

Olandese di 41 anni, Dahlmanns dai 16 si trasferisce a Berlino dove diventa architetto. Ma è un viaggio in Nepal a cambiargli modo di vivere e di lavorare: «A 23 anni ho percorso in 14 giorni i sentieri dell’Annapurna. Durante il mio ritorno a valle è avvenuto il mio primo incontro con un antico tappeto tibetano - racconta -. Da allora sono diventato "tappeto dipendente" e ho fatto numerosi viaggi in Nepal e in Cina per nutrire questo mio desiderio con piccoli e antichi frammenti di quel magico artefatto che è il risultato di tanti fili di lana di pecora combinati insieme».
Da collezionista e creatore, l’amore e la passione per i tappeti si trasforma man mano in una vera e propria professione, con la creazione di un laboratorio in Nepal, a Bhaktapur, nella Valle Kathmandu, dove realizzare le sue opere: «Ho dato vita a una struttura sociale di un piccolo villaggio con 400 lavoratori - ne parla orgoglioso -. Il laboratorio ha un asilo nido, una scuola e un piccolo ospedale». E mentre Jurgen idea le fantasie e la grafica dei suoi tappeti, in Nepal vengono realizzati con le antiche tecniche artigianali: «I responsabili dl lavoro di tessitura traducono i miei disegni con le giuste tecniche, scegliendo i materiali adatti e tingendo la lana così da armonizzare tutti i toni nelle gradazioni di colore dei disegni. Ogni singolo nodo è quindi definito in termini di colore, materiale e tecnica».

Ed è così che sono nate anche le ultime due collezioni «Splash» e «Johnny I am going to Jackson»: «L’obiettivo è quello di esprimere l’effetto di costante e radicale movimento. I miei tappeti rappresentano per me paesaggi sovraccarichi di vita e di colore che somigliamo al mio modo di fare e di creare». In particolare il disegno «Jhonny» si caratterizza da linee molto sottili che sembrano danzare sul campo del tappeto: «Io lavoro così - continua l’artista -. Sviluppo le bozze dei disegni a mano o al computer e questi disegni vengono poi riportate sui tappeti in Tibet». In un vero e proprio percorso sul colore e su immagini sempre in movimento: «Sfrutto la potenzialità del tessuto e del colore - continua a spiegare - e nel tappeto creo spazi di vita da vivere».

Ogni tappeto realizzato per queste due ultime collezioni hanno richiesto 3 mila ore di lavoro: 3 mesi di attività intensa per creare 25 tappeti che ora gireranno il mondo. «Per ogni telaio hanno lavorato cinque persone per un totale di 3 mila ore» spiega Jurgen Dahlmanns. Tappeti che ora faranno il giro del mondo. «Dopo Bergamo mi muoverò per tutta Europa e non solo - continua l’artista -. Sarò in Ucraina, poi in Russia e in America Latina. In venti Paesi con una storia da raccontare: considerare il tappeto un’opera d’arte attraverso la quale raccontare flussi di movimento e colore». E l’ispirazione per tutto questo arriva dall’arte di Paul Jackson Pollock, ma anche dalla musica di Johnny Cash. A questi due artisti ha infatti dedicato la collezione «Johnny I am going to Jackson». (06/11/2008)

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