Dal calcio al mondo della moda
Giacomo Ronzoni si racconta

Dai campi di calcio della Primavera dell’Atalanta fino alle cinture e al mondo della moda con un marchio tutto suo, Tosca Blu. E non solo. La storia di un bergamasco, Giacomo Ronzoni, che ha parecchio da raccontare.

Ha un’anima rock, sempre in giro per il mondo, il sorriso contagioso e la curiosità del ragazzino, con le mani che, a guardarle bene, dimostrano che hanno sempre lavorato tanto. Giacomo Ronzoni è uno che ama parlare di viaggi e di nuove avventure, ha sogni nel cassetto che non chiude mai e la testa che si sbizzarisce con nuove idee, il coraggio di sperimentare e di non perdere mai l’occasione. «Anche perchè puoi perderne una, ma devi avere la tenacia di acchiapparne un’altra».

Come ha fatto lui, a 17 anni, quando ha salutato i compagni di squadra della Primavera dell’Atalanta, Antonio Percassi e Gaetano Scirea: «Giocavo con loro, sono stato nell’Atalanta dagli 11 ai 17 anni; nella Primavera Scirea era il mio compagno di camera - racconta - . Dovevo andare all’Inter, ma ho lasciato tutto e sono ripartito da zero». Dai lavori più svariati: «Anche perché sapevo fare tutto e niente» sorride, con il futuro da calciatore nelle gambe, la licenza di scuola media, a Bonate Sotto dove abitava, una passione incredibile per l’arte e il disegno: «Ho fatto lo spruzzatore specializzato, il rappresentante per una marca di grissini; sono approdato alla Fischetti di Curno e qui mi sono inventato il sacchetto di carta per boutique: con una trentina di donne abbiamo avviato la produzione all’interno dell’azienda che la carta la facevano per il mondo delle lavanderie e macellerie». Se le mangia le mani Giacomo Ronzoni: «Se solo avessi depositato l’idea… Ero concentrato sul progetto, sull’andare in giro per negozi a vendere sacchetti e passavo ora a piegarne, uno dopo l’altro, a mano».

Senza sosta: «Nel frattempo, già che ero in giro per le boutique, mi sono messo a vendere cinture. Una casualità: le compravo da un laboratorio, le rivendevo, mentre accompagnavo un amico che lavorava nella moda a far scorta di abiti tra Carpi e Forlì». Ronzoni finisce in un’azienda che vende gonne: «Di tutte le fattezze e colori. Al produttore gli propongono allora di abbinarci una cinturina, per valorizzare i diversi modelli».Basta sacchetti per le boutique, alle fine degli anni Settanta il bergamasco apre un laboratorio sopra la casa dei genitori, a Bonate Sopra: «Modifico secondo le mie esigenze un macchinario e inizio a realizzare cinture in tessuto, finta pelle, vernice – ricorda Ronzoni -. Sono i primi accessori di quella che diventerà la Mino Ronzoni Srl». Pronta a crescere, all’insegna delle griffe: «Sono gli anni Ottanta e vado a un partita di tennis dove conosco Luciano Benetton: pochi mesi dopo mi trasferisco a Petosino e inizio a fare cinture in pelle per l’azienda di Treviso». Cresce il business, ci sono le prime 15 assunzioni che nel 1985 diventano una cinquantina: «Ci spostiamo a Ponte San Pietro e qui man mano cresciamo, con il mondo delle griffe per cui produciamo le cinture: da Armani a Trussardi, H&M e Zara, fino ai brand americani che nel 1990 si riforniscono a Bergamo: Gap, Banana Republic, Ralph Lauren».Gli anni ’90 sono indimenticabili: «Prendo la prima licenza, Invicta, e subito dopo anche Liu-Jo, ma soprattutto inizio a pensare di fare qualcosa di mio». Nel 1997 nasce la prima figlia, Virginia Tosca Blu: «Svelato il mistero per chi non lo sapesse – sorride -. Ecco da dove nasce il nome Tosca Blu, etichetta di borse che ho avviato nel ‘98, ma poi anche di piccoli accessori di pelletteria, fino alle scarpe».Per far fronte alle richieste del mercato, e alla produzione, oltre a Ponte San Pietro Ronzoni apre una fabbrica in Romania nel 2001: «Sono stato tra i primi imprenditori, con uno spazio che attualmente occupa 10 mila metri quadrati, con 300 dipendenti». Ma non solo: nel 2010 ci sono anche le scarpe, e Ronzoni apre a Verona: «E con gli anni collaboro con nuovi laboratori in India per i portafogli e la piccola pelletteria, oltre a laboratori lombardi che mi affiancano nella produzione delle cinture». Un lavoro fatto di numeri da capogiro: «Duecento mila borse e 250 mila paia di scarpe in un anno, 10 mila cinture al giorno».

La produzione è per Tosca Blu, ma anche per i marchi che Ronzoni segue come conto terzi: da Calvin Klein a Levi’s, Diesel e Guess, Replay e Tommy Highfield, Ugo Boss e sempre Armani e Trussardi, Zara e H&M. «Da tre stagioni ho la licenza per le scarpe di Marc Cain e proprio in questi giorni firmo una licenza quadriennale per la produzione e distribuzione mondiale delle scarpe di Ermanno Scervino».

La produzione crescerà, così come cresce il lavoro per l’altro brand di proprietà, Mino Ronzoni 1953: «La linea è attualmente solo uomo, per la donna sto pensando a un progetto parallelo». Non si ferma Ronzoni, nel senso vero del termine: con la testa immagina nuovi scenari, con la matita abbozza nuovi prodotti - coordina tutti gli uffici stile dei brand di proprietà - e nel frattempo prenota il prossimo viaggio: «Italia, tantissimo estero: per la produzione, per l’apertura dei monomarca e dei franchising che stanno aumentando» spiega. In tutto 54 boutique, oltre ai corner e alla vendita on line. «Quest’anno apriamo anche a Torino e Catania; all’estero in Portogallo oltre a una nuova collaborazione con un partner a Shanghai per cinque nuovi punti vendita dopo il primo già avviato».Ma Ronzoni gira il mondo anche per un altro motivo: «Vado a trovare Virginia Tosca Blu, ma anche Maria Sole Blanca» sorride. Innamorato delle sue figlie, che mostra con orgoglio sui cataloghi. Sono loro le testimonial del brand Tosca Blu, bellissime e intense davanti all’obbiettivo. «Sono il racconto di una vita di lavoro e di progetti, dalle cinture a un mondo di borse e accessori coloratissimi». Da cinque stagioni c’è anche la linea più giovane, #blutoscablu, all’insegna dei fumetti e della fantasia, con un rimando ai Social. «Cresciamo e coinvolgendo tutti i target possibili, anche on line: abbiamo avvisato l’e-commerce con una società esterna per una crescita delle vendite via Web». Questo mentre il 2016 della Mino Ronzoni Srl è stato chiuso a 51 milioni, con un incremento del 7% sul 2017, con l’estero a cui è destinato il 54% della sua attività. «E il segno più proseguirà con nuovi investimenti e nuove idee. Basta una matita e un foglio e sono già qui a pensare a un nuovo prodotto». Ma un tiro al pallone non le manca? «Ormai non ho più il fisico nè il tempo, purtroppo - sorride Giacomo Ronzoni -. Il calcio è un ricordo, ma ho ripreso ad andare allo stadio per tifare Atalanta».

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