«Ho scoperto la lana prima di camminare»
La storia di Liliana, tra coraggio e tenacia

«Prima ancora di iniziare a camminare ho scoperto i fili di lana». Liliana Colleoni è una donna appassionata e verace, una che ha capito presto come doveva muoversi tra i colori e i filati.

«La famiglia ti dà l’impronta e a casa mia si parlava solo di lana: le mie sorelle insieme a mia mamma la lavoravano, mio fratello la commerciava» ricorda. Lei però a 22 anni decide di partire da sola per quest’avventura che a Calusco d’Adda porta ancora il suo nome – maglificio Liliana Colleoni -, un’azienda piccola e laboriosa «pensata e fatta da donne», che ha conosciuto alti e bassi e che si è sempre reinventata per sostenere la domanda e un mercato sempre più competitivo. «Con una regola: mai cedere sulla qualità, ma continuare a puntare in alto, con cura e lavorazioni manuali».

La partenza nel 1973, Liliana era da sola: «Con due macchine acquisite dalla mia famiglia e un prestito di 500 mila lire di mio suocero per comprarne altre due – racconta -. Iniziai facendo solo conto terzi, maglieria per grande aziende che ora non ci sono neanche più. Era un periodo di grande entusiasmo e tutto era più semplice, soprattutto dal punto di vista burocratico: ora aprire un’impresa a vent’anni, senza aiuti, è praticamente impossibile». Polo, maglioni, giacche, principalmente una produzione da donna con, nel 1980, le prime commesse per la moda: «Da Prada a Versace,: grandi marchi e tantissimo lavoro. Iniziai con 4 dipendenti e arrivai a una ventina». Sempre all’insegna dell’alta qualità e di lavorazioni made in Italy che, soprattutto nella moda, significano «continue attenzioni ai dettagli e alla personalizzazione. Lavoravo e investivo nell’azienda che, dopo i primi tempi nella taverna di casa, ho aperto a Calusco – continua -. Il mio mondo è sempre stato la maglia e gli anni del boom sono stati proprio quelli dal 1990 al 2000 con un’importantissima commessa per un’azienda per la moda di Amburgo che mi aveva incrementato gli ordini con produzioni a stagione anche di 40 mila capi». Ma affidarsi a un unico marchio, seppur grosso, può essere controproducente: «Quando da un giorno all’altro l’azienda ha chiuso , mi sono sentita persa e intanto la crisi del comparto tessile era in piena esplosione. Ho allora pensato a me ragazza e alla fatica, ho pensato a chi lavora con me e mi sono rimboccata le maniche».

Spirito bergamasco: «Sono ripartita da capo e mi sono reinventata i contatti, soprattutto specializzandomi in una linea che era poco sviluppata sul mercato: la maglieria in taglie conformate». Il lavoro così riparte: «Così ho superato il primo decennio del Duemila. Sono ripartite alcune commesse nella moda e ora continuo con il private label offrendo dallo schizzo al capo finito». Con una nuova sfida per il 2016: «Ho scommesso su me stessa e la mia esperienza di 64enne». Nasce così «The Shine», linea di pronto moda con una trentina di pezzi in collezione: «Vivo dentro questo mondo da oltre 40 anni e ancora riesce ad entusiasmarmi. Da qui una rete di vendita esclusivamente italiana: qui la differenza la fanno le lavorazioni, con applicazioni, stampe, spalmature che creano dettagli sul prodotto maglia». Una vera e propria scommessa per il 2016: «Chiudo il 2015 con 400mila euro di fatturato e 9 dipendenti: un anno complesso, ma che mi ha portato comunque a investire ancora. Spingo su qualità e specializzazione. Il resto è l’entusiasmo che avevo a vent’anni e non mi ha ancora abbandonato».

© RIPRODUZIONE RISERVATA