Il giardiniere della moda
incanta Bergamo

Appassionato creatore di tessuti e fantasie, stilista all’insegna della natura.

Pittore irriverente e appassionato, giardiniere attento, amante dei fiori e dei colori. È stato un «Aperitivo del paesaggio» all’insegna della fantasia quello organizzato lunedì sera in Città Alta dai Maestri del Paesaggio in collaborazione con iSchool.

Al centro le creazioni dell’americano Ken Scott che evocano i profumi e le tonalità di un’estate che ci ha lasciato, ma che è stata raccontata attraverso le parole dell’amministratore unico della Fondazione Ken Scott Aldo Papaleo.

È lui che ha ricordato la genialità e l’inventiva del «giardiniere della moda», morto nel 1991, attraverso aneddoti curiosi e immagini di tessuti dagli intrecci vegetali. I fiori, prima di tutto, immancabili, ma anche i colori che hanno sempre contraddistinto un brand che tra gli anni Cinquanta e Settanta ha raccontato pezzi di storia della moda.

«Ken Scott è stato prima di tutto un pittore – ha detto Papaleo -, un creativo della natura, intesa come fiori ma anche ortaggi. Per non parlare della sua passione per il cibo in generale. Gli asparagi dipinti sono finiti in una scenografia di sfilata, le donne le ha vestite con tessuti all’insegna di stampe di angurie piuttosto che uova al tegamino. E l’Arco di Costantino è stato trasformato in una cassata».

Ma la sua storia, e la sua moda, la si abbina soprattutto ai fiori: «Il suo è stato l’estro dell’artista stilista che nasce pittore naturalista. Ma attenzione: non amava la parola “stilista”, si faceva chiamare disegnatore di moda e di tessuti, elaborando la natura: prima sui tessuti, soprattutto nell’arredamento, e poi sui vestiti». Anzi: «Forse lui avrebbe solo voluto disegnare tessuti, lo si nota dal suo tratto prettamente da artista nel modo di raccontare frutta e verdura, una botanica vitale e florida - continua Papaleo -. Poi però, quando i suoi tessuti sono finiti negli atelier di tutto il mondo, con tagli ed elaborazioni che poco avevano il consenso di Ken, anche lui si è messo a fare vestiti». Modelli semplici ed essenziali nelle forme, perchè era il tessuto a dominare, tra gialli e turchesi, fantasie e stampe che raccontavano una vita intensa.

«Un botanico gli dedicò anche un fiore» ricorda Papaleo, che racconta la «rivoluzione Scott»: «Innovatore e anticipatore, era l’americano che amava l’Italia dove approdò nel ’55: la produzione dei suoi tessuti portò un grande cambiamento nel gusto dell’epoca. In particolare fu tra i primi a usare le fibre sintetiche, il jersey in primis: si lavava in lavatrice, si asciugava velocemente e non si stirava». Un uomo dallo spirito pragmatico: «Pensava alla portabilità dell’abito», pensava a una vita fatta di colore, di musica: «Anche le ovattate atmosfere anni ’60 della Sala Bianca di Palazzo Pitti si colorarono di modelle che indossavano vestiti-fiori elasticizzati dalle tonalità più azzardate». Promotore di passerelle-spettacolo provocò scalpore quando fece danzare le sue indossatrici a tempo di musica beat: «Celebre la sua collezione Findus del 1972 all’insegna del cibo stampato sugli abiti, tra cosce di pollo, zucchine e fragole». Ora migliaia di fantasie e disegni sono archiviati dalla Fondazione Ken Scott che lui stesso aveva istituito nel 1989: «A disposizione di stilisti e aziende che vogliono raccontare quei giochi di colori e di istrionica fantasia».

Amava quelle stampe Moschino, che le utilizzò per la sua ultima collezione, e dopo di lui Rossella Jardini. Recentemente anche Miuccia Prada ha attinto dall’archivio, realizzando una capsule collection per il marchio Miu Miu.

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