L’antica pratica del vestire le madonne
D-Kola in una mostra al Bernareggi

«Una donna vestita di sole». Un sole che passa attraverso tessuti antichi e forme moderne, che mixa la sartorialità a materiali tecnici. Una esposizione inusuale e ricca di fascino quella in programma dall’11 al 29 giugno alla Fondazione Adriano Bernareggi, in via Pignolo 76 (inaugurazione il 9 alle 18): la stilista Dorina Kola, di origini albanesi e residente a Bergamo da diversi anni, ha reinterpretato l’antica pratica del vestire le madonne.

Un antico gesto devozionale che si lega quindi al tentativo di ridare vita a oggetti che non erano semplicemente manufatti artistici, ma simulacri destinati alla preghiera e alla vita spirituale. Un’installazione che mette quindi in evidenza tre madonne e tre abiti completamente diversi tra loro in un filo conduttore che unisce devozione e storia: «Le “Madonne vestite” fanno parte di un rito legato alle devozioni popolari che attraversa i secoli dal Medioevo ai giorni nostri e che interessa buona parte dell’Europa cattolica, particolarmente l’Italia, la Francia e la penisola Iberica e, oltreoceano, l’area latinoamericana – spiegano dalla Fondazione Bernareggi -. Il fenomeno, sviluppatosi notevolmente in età barocca, giunge in taluni casi ad esiti decisamente spettacolari, raggiungendo nel Settecento il massimo splendore, preservandosi, con alterne fortune, fino ai nostri giorni. Gli abiti rispecchiano fedelmente i modi di vestire delle donne dell’epoca, popolane o nobildonne, arricchiti dalla preziosità dei tessuti di un tempo. Nel secolo scorso molti degli abiti che vestivano le madonne sono andati però perduti, lasciandoci in eredità la suggestione dei corpi lignei ormai spogli ma non meno carichi di interesse». Parti scolpite di fino, come le mani e i volti, risaltano da busti appena abbozzati perché destinati a essere coperti dagli abiti preziosi che ricalcavano la moda dell’epoca: «In mostra ci saranno quindi opere di interesse non solo artistico, ma soprattutto antropologico – spiega don Giuliano Zanchi, segretario generale della Fondazione Bernareggi -. Si tratta di oggetti dal grande valore antropologico, legato al concetto di devozione: per capirli e collocarli in ambito sociale, abbiamo così provato a reinterpretato la pratica storica di vestire le madonne».

Alcune di queste statue, che osservate oggi nella loro nudità hanno il fascino di sculture cubiste, sono normalmente esposte al Bernareggi che ora ne ha vestite tre: «Sono partita dai tre colori di base della più antica tradizione vestiaria – spiega Dorina Kola -: il bianco, il rosso e il nero, ricchi di significati allegorici, gli unici usati fino al Basso Medioevo». Nello specifico bianco e nero sono antitetici, mentre tutti e tre sono considerati colori archetipici in quanto presenti in tutte le civiltà della storia.

«C’è il bianco che è purezza, innocenza e vita: ho realizzato un abito in tulle ricamato, sopra il quale ho applicato dei fiori di seta – continua Dorina Kola -. Poi c’è quello rosso, espressione di sacralità, sacrificio, amore divino, che ho ideato partendo dalle mie tradizioni: si tratta di un abito in cotone dalle cuciture in rilievo, tipiche del mio stile. Abbinato c’è un capospalla che ha un secolo di storia e che arriva dall’Albania, in lana di pecora: ho poi applicato del tulle al collo e ai polsini». Infine l’abito nero, il più vicino allo stile del brand D-Kola: «Nero nel senso di sobrietà, ma anche sofferenza. In neoprene, dalle maniche partono dei fili in cotone bianco». Frange di rinascita, «sono le radici della vita» dice D-Kola, che muovono il capospalla, il più moderno dei tre. Esposti anche dipinti, corone e gioielli, manufatti artistici legati al mondo della religione e a questa analisi antropologica della devozione, «che potrebbe proseguire in questa sperimentazione stilistica grazie al lavoro di altre designer locali» preannuncia don Giuliano Zanchi. In sala anche un video di Gabriele Cella che racconta il processo stilistico di questo lavoro, in programma visite guidate, per info e prenotazioni 035/244492.

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