Krizia, l’ultima chiacchierata con «L’Eco»
«Non sono una persona nostalgica»

Lo scorso anno, in marzo, l’ultima chiacchierata con Mariuccia Mandelli che a L’Eco di Bergamo aveva raccontato, sempre con il suo stile asciutto e tranchant, la sua vita e la sua moda. L’occasione era stata quella del passaggio al gruppo cinese Shenzhen Marisfrolg Fashion Co. della sua griffe.

Qui integrale l’articolo di Fabiana Tinaglia, pubblicato lo scorso 8 marzo 2014.

Trascorre principalmente le sue giornate nella grande casa di Milano, circondata da arte e ricordi, nell’abbraccio sempre presente di Aldo Pinto, suo marito da oltre 40 anni («Non siamo mai scesi in campo l’uno senza l’altra», ha detto una volta). Mariuccia Mandelli, stilista bergamasca che ha dato vita, creandolo dal nulla e gestendolo per 60 anni, al marchio Krizia, parla poche settimane dopo l’annuncio della vendita del brand, «senza rimpianti» ripete lei, e sempre con quel suo modo determinato di spiegare le cose. E la sua vita. «Ho deciso per un motivo ben preciso: dare un seguito al mio lavoro e ho avuto diverse possibilità di scelta, ma l’incontro con Zhu Chong Yun e l’intesa con questa donna sono stati determinanti».

L’annuncio di trasferimento della proprietà di divisione moda della griffe è stato fatto via web il 24 febbraio scorso e ancora non sono stati rivelati gli accordi, finanziari e gestionali, della transazione: si sa solo che la maison è stata venduta totalmente alla Shenzhen Marisfrolg Fashion Co., gruppo retailer cinese fondato e gestito dall’imprenditrice di Pechino, che diventerà presidente e direttore creativo di Krizia. Fino ad aprile la casa di moda manterrà il riserbo sui passi che compirà nella cessione, ma anche riguardo la gestione di tutto il comparto aziendale, dall’area gestionale a quella produttiva: «Su questi aspetti non posso ancora rispondere, ma quello che è certo è che Krizia resta un brand del made in Italy», risponde netta. Ma, anche se Zhu ChongYun ha sottolineato di voler «dare continuità allo stile di Krizia con collezioni tutte made in Italy», questa è comunque la fine di un’epoca e di una casa di moda nata e portata avanti da una mente geniale e volitiva come quella di Mariuccia Mandelli, bergamasca di Città Alta, trasferitasi giovane nel capoluogo lombardo. Che ora chiude con la moda e con tutti i suoi comparti, dal design al beauty: «Krizia Moda viaggerà da sola», risponde stringata e in queste parole si spiegano molte cose: che la signora Mandelli, come la chiamano i suoi collaboratori, si ritira dalla scena e non proseguirà negli altri rami aziendali così come che a continuare «from Pechino» sarà solo la moda donna.

E il futuro dello spazio d’arte di via Manin? «Palazzo Melzi d’Eril è una meraviglia, sarà nei piani del nuovo corso» dice. Questo, mentre il K Club nell’isola di Barbuda, avveniristico progetto del 1989, è stato ceduto da tempo (lo aprì con Pinto, negli anni Novanta fu meta favorita del jet set), così come non è dato sapere se la giovane cinese proseguirà nel lavoro culturale e artistico all’insegna della ricerca e del bello che Krizia ha sempre promosso. Un progetto che ha visto Mariuccia Mandelli sempre in prima fila, capace negli anni di circondarsi di opere d’arte e installazioni di grande impatto e suggestione. «Avrò finalmente tempo libero per me e mio marito», taglia corto la stilista, anche se ci piace di più ricordarla quando varcava la soglia del suo quartier generale di via Manin, al suo grande tavolo, con l’immancabile caschetto, gli occhiali scuri e i tanti gioielli dal sapore etnico che l’hanno sempre contraddistinta.

Ma lei non vuole pensare al futuro: «Come sarà la nuova Krizia con gli occhi a mandorla? Lo scopriremo assieme», afferma, mentre lo sguardo si volge all’ultima sfilata dello scorso 20 febbraio tra i tanti plissè, pelle, forme geometriche. Un minimalismo netto e una donna volitiva, tutto quello che Krizia ha rappresentato dagli inizi, dalla fine degli anni Cinquanta, quasi come se questa ultima passerella fosse stata una sorta di commiato: «Direi che far vedere alcuni dei miei must ha avuto un grande effetto – spiega compiaciuta - ma non è stato un saluto, bensì un messaggio per il futuro». Però lei alla sfilata non c’era… «Le miei creazioni parlavano da sole: non avevano bisogno di me, ho dato spazio a loro».

E ancora si profila la sua determinazione, quel carattere da tigre, animale simbolo della sua moda, senza recriminazioni, senza se e senza ma: «Nessun rimpianto e tante soddisfazioni hanno costellato la mia vita: ho fatto sempre tutto quello che ho immaginato di fare». Con un grazie che si sente di rivolgere in questa fase della sua vita e carriera: «A tutte le persone che ho avuto vicino per anni, a mio marito. Anche ai miei colleghi: li stimo, come me hanno sposato con passione questo mestiere». Con un ma, che ha spesso evidenziato negli anni della sua moda: «Nel nostro sistema manca da sempre la coesione di intenti. È un mondo di individualisti».

E se pare lecito pensare a un po’ di nostalgia o amarezza, alla fine di questo percorso che è tutto una vita, Krizia risponde decisa: «Mi ripeterò all’infinito: non sono una persona nostalgica». Nella moda, nelle scelte della vita.

Come quando ha lasciato Città Alta con la sua valigia di gonne e ha girato l’Italia dal piccolo laboratorio ricavato nell’appartamento del musicista Lelio Luttazzi: «Perché dovrei rimpiangere Bergamo? O salutare la mia città? Ci torno spesso e mi piace passeggiare negli antichi vicoli di Bergamo Alta». Sarebbe bello incontrarla, ripensarla bambina quando cuciva gli abiti delle bambole delle amiche, giovane donna sognatrice con un diploma da maestra in tasca: «Potrei venire più spesso a Bergamo, ora che ho più tempo, Bergamo la amerò sempre. Sono quella che sono anche grazie a questa terra: sono sempre stata una bimba molto sveglia e volitiva, penso che il dna bergamasco e la grinta che ci contraddistingue aiuti parecchio nella vita».

Da Bergamo a Milano, e poi da Firenze – dove debuttò nel ‘64 nella mitica Sala Bianca, alle sfilate milanese, per poi girare per il mondo. Soprattutto in Oriente, proprio in Cina, dove Krizia è tra i primi brand italiani a varcare i confini. «Tanti momenti belli e indimenticabili, ma forse il più speciale è stato al Quirinale, nel 1986, quando ricevetti la nomina a commendatore della Repubblica. Con me Giorgio Armani, Gianfranco Ferré, Gianni Versace e Valentino Garavani. Fu un momento indimenticabile». Incertezze ne ha mai avute? «Ma certo, come tutti gli esseri umani. Ma poi mi sono impegnata e distratta con il mio lavoro». Ci mancherà questa Krizia, ironica e decisa, pungente. Una gladiatrice in un’arena di uomini, una stilista che ha avuto coraggio e determinazione, sempre uguale a se stessa.

E ancora: «Ho fatto la scelta giusta. Si, è vero, la mia vendita ha fatto il giro del mondo. Molti messaggi, tutti molto positivi, con la sensazione rimarcata di aver intrapreso il giusto percorso». Qualche giorno prima Pinco Pallino verso la Cina, qualche giorno dopo la notizia di Versace e gli Stati Uniti: che succede alla moda italiana? «Dico solo che Krizia resta italiana». Ma senza di lei, senza quella testa vivace e geniale, quel modo di intendere la donna, un po’ bergamasca nella sua volontà. Ci piacerebbe crederlo e preferiamo tornare sui ricordi: «Cosa direi a Mariuccia di 60 anni fa? Di rifare tutto».

E a una giovane stilista di oggi? «Di lavorare tantissimo». Nonostante le avversità. E poi con un sorriso: «Forse se non avessi sfondato, sarei finita a fare la maestra. Magari, perché no». Ma Krizia è un’altra storia: «In una parola? Tutta la mia vita».

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