Visitare Palma? Una lezione di moda
«Con lui è nato il made in Italy»

«Già nelle pettinature rappresentate da Palma il Vecchio si cambia stile: ci sono trecce e reticelle, la scriminatura dei capelli è centrale. E poi le vesti: le gonne si fanno ampie. Ma soprattutto al centro di questa nuova “moda italiana” c’è la camicia, dai lini leggeri, plissettati. Le maniche delle vesti rappresentano poi l’aspetto più rivoluzionario».

Lo storico del costume Massimiliano Capella – autore della pubblicazione «Iacopo Palma e la moda italiana del Cinquecento» – legge Palma il Vecchio (la cui mostra, organizzata da ComunicaMente in collaborazione con Fondazione Credito Bergamasco e Comune di Bergamo, si apre alla Gamec stasera con un’inaugurazione a inviti) attraverso la moda. Analizza la trama del filato dipinto in maniera meticolosa, l’arricciatura del polsino, il fiocco in velluto che lega la manica alla camora. E afferma senza titubanze: «Questi abiti danno vita al concetto stesso di “made in Italy”, qualcosa di totalmente nuovo rispetto a quello che si era visto a livello internazionale fino a quel momento».

Si può indicare una data per dare il via a questa nuova era?

«Siamo nel 1515: Francesco I, re di Francia, chiede a Isabella d’Este di inviargli una bambola vestita con gli abiti delle donne mantovane dell’epoca. Altro che fotografie, riviste di moda, i blog della Rete: le bambole venivano inviate da una corte all’altra per scoprire gli stili, e ora era la “moda all’italiana” a essere ricercata e copiata».

Palma il Vecchio dipinge proprio quella moda?

«Sì, ed è sicuramente l’artista più identificativo in questo senso, anche per il numero di ritratti realizzati. Basta osservare le camore indossate a quell’epoca e dipinte da Palma: vesti con ampie maniche che coprivano il corpo quasi interamente. La camora all’italiana fu il simbolo di un passaggio di stile, che riuscì a predominare sulla moda francese: copricapi allungati dal gusto gotico, vesti più rigorose, maniche strette e aderenti...».

Visitare la mostra di Palma il Vecchio, dunque, sarà anche una lezione di storia dell’arte con taglio moda?

«Prendiamo il “Ritratto di Bella” del 1518/’20: il pittore di Serina documenta proprio quel gusto per i volumi ampi delle vesti e, soprattutto, l’uso del tessuto unito, in cui i contrasti del blu, del rosso e del bianco amplificano la resa della sericità delle superfici priva di elementi decorativi».

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