«Senzafreni» si lancia
nell'avventura

Alle 15,26 di sabato 18 luglio, con sul groppone 75.399 km, è scattato ufficialmente il Mongol Rally 2009 per il nostro team «senzafreni». La Panda ha superato lo striscione della partenza tra due ali di curiosi, accanto all'arena civica di Milano, e s'è involata verso Ulaanbaatar, distante circa 14 mila km, dove speriamo di arrivare verso il 20 agosto.

In totale a Milano, per tuffarsi nella pazza avventura goliardico-benefica, si sono presentati una quarantina di equipaggi e quattro Vespe. Non soltanto team italiani: c'erano pure partecipanti olandesi, austriaci, tedeschi, francesi e portoghesi. Tra gli iscritti c'è un secondo team bergamasco, gli «spandati», che peraltro è rientrato subito a Bergamo in attesa del visto per l'Iran.

Sono molte le squadre che sono state fregate dalla burocrazia iraniana: niente autorizzazione. Il problema è che, senza il passaporto, non si può nemmeno entrare in Turchia via terra, per cui c'è soltanto da sperare in un'accelerata nella corsa al visto, in caso contrario sarà inevitabile cambiare rotta, passare dall'Azerbaigian o optare per il percorso dritto ma terribilmente monotono Ucraina-Russia.

Problemi pure per l'ambulanza Volkswagen del Cesvi, che ha dovuto per il momento disertare a causa di seri problemi meccanici. Al via anche una trentenne di Parre che vive da anni in Inghilterra e che è rientrata in Italia perché da Londra si è registrato l'esaurito di partecipanti (terza base di partenza Barcellona: in totale sono quasi 500 le squadre che si sono lanciate alla conquista pacifica della Mongolia).

Abbiamo già studiato le varie tappe tra le lande desolate: dopo la Turchia attraverseremo Iran, Turkmenistan, Uzbekistan, Tagikistan, Kirghizistan, Kazakistan, Russia e Mongolia, mentre non abbiamo ancora deciso come arriveremo a Istanbul. Ma c'è ancora sabato sera per riflettere....

 Vediamo intanto com'è nato e si è sviluppato il progetto «senzafreni». Con già alle spalle diverse imprese motorizzate, tra cui il giro del mondo in jeep nel 2005-2006, mi sono iscritto al Mongol Rally quasi per gioco lo scorso inverno, ma ero in lista d'attesa. Pensavo già all'edizione 2010, invece in primavera ecco l'email abbastanza inattesa. Pagando le 650 sterline mi sarei garantito la partecipazione al rally che avevo scoperto casualmente navigando su internet. Così il Mongol Rally è diventato realtà.

I passi successivi sono stati individuare i compagni (l'amico Marco Carrara, colonna di tante avventure, molto più pilota e meccanico di me, volerà direttamente a Istanbul e darà il cambio a Marianna Dall'Angelo che rientrerà a Bergamo), scovare - come da regolamento - l'utilitaria per realizzare il rally (una Panda 900 Young del 2000 con 75 mila km), studiare l'itinerario (che è totalmente libero: è stata scelta la Via della seta, la più famosa, complicata e intrigante) e demandare a un'agenzia di Roma (la IntelServizi) la delicata missione di conquistare sette visti (Iran, Uzbekistan, Tagikistan, Kirghizistan, Kazakistan, Russia e Mongolia).

Una sorta di autorizzazione per entrare in Turkmenistan l'ho prenotata attraverso la League of adventurists di Bristol, ovvero l'organizzazione del rally: il visto vero e proprio, con una miriade di gabelle (tra cui una tassa carburante), lo pagheremo al confine indicato nella domanda. La IntelServizi ha avuto i maggiori grattacapi per i visti dell'Iran, anche a causa dei gravi problemi d'ordine interno scoppiati dopo il controverso verdetto elettorale, e del Tagikistan che ha rappresentanza diplomatica a Bruxelles e che dà la possibilità di percorrere la strada del Pamir, uno dei tratti montani più spettacolari del mondo, soltanto con un permesso speciale.

Quando la Panda è diventata del team, mi sono presentato all'Aci con il libretto, una serie di informazioni tecniche (come numero di telaio, di motore, tipo di gomme) e una fideiussione bancaria pari al valore doppio dell'auto, per garantirmi il carnet de passage, un documento che consente l'importazione temporanea di un veicolo nei Paesi che lo pretendono (peraltro l'Iran lungo il percorso prescelto).

C'era il fondamentale problema di preparare la piccola Fiat. Quando ho pensato a Enrico Rossetti, titolare dell'autofficina Automotor di Nembro e super appassionato di raid in moto e jeep, era già abbastanza tardi, ma Enrico è stato splendido e ha lavorato duramente.

In sintesi, Enrico ha controllato lo stato della Panda (discreto, motore buono) e cambiato tutte le parti meccaniche usurate (come la pompa dell'acqua) o che comunque non davano garanzie di affidabilità. Quanto al discorso ammortizzatori, sono state montate anteriormente le molle della Panda 4x4 e posteriormente molle nuove e «spessorate» in modo da sollevare l'auto dal terreno durante i percorsi fuoristrada e sostenere il carico. È spuntato magicamente uno snorkel con due finalità: agguantare l'aria più in alto, senza dunque digerire polvere, e non far entrare acqua nell'aspirazione del motore in caso di guadi.

Un portapacchi modificato è stato fissato direttamente sul tetto per aumentarne stabilità e resistenza e davanti sono comparsi quattro fari supplementari. È stata inoltre montata una piastra paracolpi per proteggere la parte bassa del motore. Il parauti anteriore forato per aumentare il raffreddamento del motore, la batteria maggiorata per sopportare computer, frigoriferino e satellitare (tre attacchi supplementari di alimentazione) e le quattro gomme artigliate con carcasse più dure da fuoristrada reso la Panda una «belva».

Nel frattempo avevamo già aperto la caccia grossa a vari sponsor per ammortizzare i costi del rally (circa 15 mila euro in totale per due persone) e per devolvere al Cesvi, partner italiano del Mongol Rally, le 1.000 sterline che supporteranno un progetto in Tagikistan dell'organizzazione umanitaria con sede a Bergamo. Sono stati inoltre inviati all'organizzazione i dati della macchina e il punto d'ingresso in Mongolia ed è stata pagata una cauzione abbastanza misteriosa di 500 sterline in caso di errori burocratici o inadempienze nella fase di cessione dell'utilitaria, che sarà regalata a una ong mongola, mentre noi rientreremo in aereo.

Ah, il Turkmenistan ha reclamato un'incredibile dichiarazione in cui un medico italiano avrebbe dovuto garantire che noi a giugno non eravamo infetti dall'influenza suina, come se a luglio, prima di entrare in Turkmenistan, non potessimo comunque ammalarci... Dichiarazione che, dopo l'ilarità generale dei partecipanti, è stata perlomeno variata in «non presentano sintomi di influenza suina».

È stata una corsa contro il tempo, io e Marco Carrara ci siamo letteralmente divisi in quattro per organizzare le giornate di presentazione, rifinire la preparazione della Panda, diventato un gioiellino di meccanica ed esteticamente accattivante, e ritirare in extremis giovedì a Roma il passaporto con i visti e il modem satellitare che utilizzerò per inviare testi, foto e video quando sarò in aree remote orfano di un internet point.

Infine, un sentito grazie ai nostri sponsor e a coloro che hanno creduto nel team dandoci una mano a vario titolo: Eco di Bergamo, Sabo, azienda chimica di Levate, Associazione Artigiani di Bergamo, Faip, azienda di macchine per la pulizia di Ranica, School of Management dell'università di Bergamo, Automotor di Nembro, Mirage, azienda grafica di Bottanuco, Voltaire, agenzia di viaggio di Bergamo, Atec, agenzia di accessori per l'abbigliamento di Lallio, Onis, azienda di abbigliamento sportivo di Spirano, Atalanta, Oriocenter, Isofilm, azienda di pellicole a controllo solare di Bergamo, Associazione mAnima di Seriate, shiatsu e benessere, IntelServizi, agenzia di visti consolari di Roma, Hotel Città dei Mille di Bergamo, Universat Italia Services, azienda di comunicazioni satellitari di Roma, Panda Khan Team di Roma,  Bacaro, bar di Bergamo, Emanuele Cafra, gestore estivo del Parco della Trucca di Bergamo e l'Amministrazione Comunale, Luca Nosari, che ha disegnato la nostra vignetta-logo, Elena Catalfamo, che ci ha venduto la sua adorata Panda, e l'amico Corrado Cacioli che ci ha dato un sostegno fondamentale in un momento molto critico.
 Marco Sanfilippo

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