In Turkmenistan
e tappa dal meccanico

BUKHARA (UZBEKISTAN) Fuori dall’Iran, toccata e fuga in Turkmenistan ed eccoci in Uzbekistan, dopo 6.734 km di strada. Siamo ormai entrati nelle ex repubbliche sovietiche e ci stiamo avvicinando al primo dei nostri due grandi sogni: l’attraversamento del Pamir in Tagikistan (probabilmente dal 7 agosto). Il secondo è invece la Mongolia, e le notizie che arrivano dai team che, interpretando il Mongol Rally come una vera corsa, sono già sulla via di Ulaabaatar, parlano di ingresso da ovest impraticabile in quanto l’area è ridotta a un pantano.

Speriamo non lo sia più verso Ferragosto quando sarà il nostro turno. Vi sto scrivendo, martedì 4 agosto, da un’autofficina di Bukhaka, dove stanno cambiando il tubo flessibile della marmitta, che stava per rompersi, e controllando una piccola perdita di olio. Non sembra nulla di grave. Ritarderemo a domani, mercoledì 5, la partenza per Samarcanda. Venerdì scorso all’alba, dopo aver assistito la sera prima alla guerriglia urbana di Teheran causata dagli scontri tra i sostenitori di Mousavi, il candidato sconfitto nelle elezioni presidenziali fasulle, e la polizia e i guardiani della rivoluzione, ci siamo diretti verso il confine di Bajgiran.

Dodici ore di viaggio ininterrotto (784 km percorsi) con il primo tratto molto tortuoso e trafficato e un passo a 2.635 metri che per il momento costituisce il record d’altezza del nostro raid, record che sarà presto annichilito dai 4 mila metri e rotti del Pamir. Lungo la strada, moltissime le famiglie iraniane che, sfruttando la giornata festiva, si sono riversate nei boschi, lungo i corsi d’acqua e addirittura ai bordi della strada, era sufficiente che ci fosse un fazzoletto di prato, per campeggiare e fare il pic nic. Ci siamo fermati a dormire a Quchan, 75 km dal Turkmenistan, in una pensione dalle camere così spartane da sembrare celle: brandine e stop. Una doppia ci è costata 12 euro (cifra minima finora pagata).

Io ho commesso l’errore di dire a un collaboratore del gestore che ero un giornalista, ma per fortuna la mia linguaccia lunga non ha prodotto conseguenze. Abbiamo tentato di addentare qualcosa, purtroppo l’offerta gastronomica era praticamente inesistente, così a nanna con la pancia vuota. Non è stata una serata da ricordare. Sabato giornata delle lungaggini burocratiche: dalle 8,30 alle 13,30 per passare dall’Iran al Turkmenistan. Ancora nessun problema al confine iraniano, se non quello di girare di ufficio in ufficio per espletare le varie pratiche. Un funzionario ha voluto controllare il numero del motore per vedere se coincideva con quello segnato sul carnet de passage, ma non si è interessato a quanto c’era nell’interno dell’auto. Operazioni concluse in circa un’ora e mezza e stavolta non abbiamo dovuto elargire la mancia. Dunque, ciao Iran. Non ti dimenticheremo. E soprattutto invitiamo chi magari vuole visitare l’Iran, ma è in dubbio per la delicata situazione politica, a non esitare perché scoprirà un popolo straordinariamente cordiale e desideroso di aprirsi al mondo, un popolo assolutamente non estremista che sta tentando di cambiare con la non violenza il proprio futuro.

L’ingresso in Turkmenistan si è rivelato snervante e costoso com’era nelle previsioni. Tre ore e mezza di sofferenza. Attraverso l’organizzazione del Mongol Rally avevamo già inviato la richiesta del visto più l’assurda dichiarazione che a giugno non eravamo stati contagiati dall’infuenza suina. Al confine, per due visti di transito, abbiamo pagato 110 dollari più 22 dollari per il permesso di guida, 30 dollari per l’entrata e il transito del veicolo, 40 di compensazione per il basso costo del carburante in Turkmenistan, 35 per l’assicurazione della Panda, 5 per la documentazione, 1 per la disinfestazione del veicolo (!) e 4 di tasse varie per un totale di 247 dollari in due. Nessuna pretesa di mancia, ma già avevamo dato: con un costo così alto si può parlare di truffa legalizzata.

La Panda è stata controllata per la prima volta nel viaggio, in modo peraltro superficiale: il doganiere ci ha domandato se avevamo bombe, pistole, droghe.... Un altro funzionario, invece, quando ha scoperto che siamo italiani, non ha tirato fuori l’intramontabile riferimento alla mafia, ai giocatori di calcio e ad Adriano Celentano, popolarissimo, ma ha parlato di Berlusconi definendolo una «sexy bomba». Al confine di Gaudan c’erano una decina di equipaggi, tra cui il Panda Khan Team, con il quale avevamo l’accordo di condividere lo spezzone più delicato del raid. Ci siamo riuniti al Grand Turkmen Hotel di Ashgabat e forse attraverseremo il Pamir insieme: Michelangelo e Andrea sono dubbiosi, perché hanno già cambiato la guarnizione della testata del motore e la loro Panda non ha ammortizzatori super. Ne abbiamo parlato al British Pub dove ci siamo fiondati subito per un paio di birre, dopo l’astinenza in Iran, e per un’accesa sfida a calciobalilla.

Già, vi devo raccontare del Turkmenistan e di Ashgabat. Il Turkmenistan, relativamente famoso per le riserve di gas, il petrolio, i cavalli e i tappeti, è praticamente un pezzo di territorio desertico dove si muore di caldo (più di 40°) e con una capitale, Ashgabat, ricostruita dal vecchio presidente Saparmurat Niyazov (morto nel 2006) che, essendo un megalomane ossessionato dal culto della propria personalità, praticamente un dittatore, ha sperperato milioni e milioni di dollari per demolire il vecchio ed erigere una serie infinita di lussuosi palazzi di marmo bianco, con cupole e vetrate, impianti fantascientifici e per disseminare la città di statue ricoperte d’oro che lo ritraggono. In cima all’Arco della neutralità ce n’è una alta dodici metri che ruota per essere sempre illuminata dal sole.

Il suo successore, Gurbanguly Berdymukhamedov, non è da meno, nonostante la situazione economica pare che non sia più così rosea, perché la Russia non sta comprando più gas naturale turkmeno. Una città, in crescita vertiginosa, una cattedrale nel deserto bella da vedere ma finta, senz’anima e senza vita, in cui s’incontrano soltanto poliziotti in ogni via e spazzini che puliscono con scrupolo strade e marciapiedi. Fuori dall’hotel io, Marco Carrara, Michelangelo e Andrea abbiamo conosciuto due ragazze turkmene, Cristina e Svetlana, e le abbiamo invitate la sera al British Pub dove sono venute con Marie, una canadese di Montreal che lavora all’ambasciata canadese di Ankara, in Turchia. Birra e balli con molti partecipanti inglesi del Mongol Rally.

Domenica mattina visita al bizzarro mercato di Tolkuchka, uno spaccato del vecchio Turkmenistan che sta scomparendo, dove finalmente abbiamo conosciuto la popolazione turkmena, tra cui arzilli vecchietti con enormi cappelli in lana di pecora. A pranzo siamo stati invitati a casa dalle due turkmene: c’erano anche la mamma, la sorellina Eva, Elisabeth, la figlia di 4 anni di Svetlana, Marie e Rachel, un’americana di Fresno, ad Ashgabat per lavoro. Il papà è morto d’infarto sei anni fa. La mamma e Cristina hanno cucinato per ore preparando un pranzo con i fiocchi a base di carne di agnello molto grassa, riso con verdure e insalata. C’era anche il corek, il pane tradizionale, che ha una forma rotonda e va trattato con superstizioso rispetto. Ci hanno trattato da re regalandoci anche un minuscolo tappetino di lana.

Abbiamo sfidato il caldo per una gita in funicolare su una vetta minore del Koper Dag, dalla quale si ha una spettacolare vista della città e dei monti, e ci siamo rigenerati con un tuffetto nella piscina dell’hotel. La sera volevamo ricambiare l’invito offrendo alle due turkmene la cena in un ristorante e invece hanno pagato loro. Incredibile. Magari fosse così anche in Italia.... Due i misteri irrisolti: il coprifuoco alle ore 23 per gli stranieri (esiste davvero? Noi l’abbiamo infranto con prudenza) e il costo di un litro di benzina. La guida parlava di 0,02 dollari il litro, praticamente gratis, noi l’abbiamo pagata 0,4 dollari al litro. È aumentata o ci hanno sempre fregato? Lunedì il tappone Ashgabat-Bukhara con l’entrata in Uzbekistan e martedì il tour dai meccanici. Come vi racconterò nella prossima puntata.

Marco Sanfilippo

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Eco di Bergamo Dall'Iran al Turkmenistan