Il team bergamasco
a Ulaanbaatar

ULAANBAATAR (MONGOLIA) La Panda «senzafreni» è stata sbalorditiva, un gioiello, e, trentasette giorni e 13.614 chilometri dopo, eccomi finalmente a Ulaanbaatar. Alle 20.04, le 14,04 in Italia, di domenica 23 agosto, dopo aver penato per individuare la finish line, ho coronato con successo la partecipazione al Mongol Rally 2009.

Nell’ultimo giorno ho guidato con il timore di rivivere l’incubo del giro del mondo 2005-2006 quando mi schiantai con un Toyota Land Cruiser in Repubblica Ceca un giorno prima del rientro a Bergamo a causa della perdita del liquido dei freni, ma l’utilitaria della Fiat non mi ha tradito e così ho potuto ricevere l’applauso di chi, concorrenti inglesi, svedesi e spagnoli, si stava già ritemprando con una birra ghiacciata. Non mi sono scordato dei miei due compagni d’avventura che non hanno potuto condividere con me gioia, sollievo e un briciolo d’emozione, ovvero Marianna e Marco Carrara: senza l’abilità al volante e la competenza meccanica di «Jack», la missione centroasiatica sarebbe stata molto più dura.

Non è stata una scampagnata, ma nemmeno un’impresa terribile percorrere i 1.451 km (dei quali 1.042 sterrati) che mi separavano dalla capitale mongola. Anche il deserto dei Gobi si è rivelato meno rognoso del previsto, tanto che ho impiegato tre giorni invece dei quattro in programma per approdare a Ulaanbaatar. E’ stata una scelta dettata sia dalle condizioni dignitose del percorso, sia dal tempo che scarseggiava. Non ho potuto infatti spostare l’aereo ed ero senza alternative: domenica arrivo, lunedì sistemazione delle pratiche burocratiche relative alla donazione della Panda e martedì 25 partenza per l’Italia con un volo Aeroflot via Mosca.

Il racconto giorno per giorno della volata in Mongolia lo rinvio alla prossima puntata perché in Mongolia è ormai tarda sera: riassumendo c’è da sottolineare che nell’ultimo tratto sono stato da solo perché il giovane mongolo che si era offerto di accompagnarmi ha rinunciato in  extremis e che i guai meccanici sono scoppiati soltanto venerdì 21, da Khovd ad Altai, quando il pezzo terminale della marmitta si è staccato e ho semidistrutto un cerchione di una ruota nell’impatto con un grosso sasso. Meccanico e gommista hanno riparato le rotture in un battibaleno, cosicché la tabella di marcia non ne ha risentito.

In totale sono stato al volante 33 ore in 3 giorni, intorno a me si guastavano seriamente miriade di auto del Mongol Rally, invece la Panda ha resistito stoicamente, nonostante qualche scricchiolio. Nel deserto non mi sono mai perso, ma tutte le piste avevano una direzione ben precisa: Ulaanbaatar. Città brutta, ma il ricordo sarà indimenticabile.

Marco Sanfilippo

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