Tutti insieme
nell'isola «dolce»

Cosa è rimasto di dolce all'isola che ancora negli anni '70 e '80 era l'icona del bel vivere, una sorta di paradiso terrestre abbastanza a portata di mano? Non molto per la verità. Il clima certo, e quello non si poteva colonizzare e lottizzare, ma tutto il resto sta andando in frantumi, nel senso letterale della parola. Dunque l'appello è: Salvate Jerba! Dal capitale europeo in cerca di investimenti e dalla calata delle biondone germaniche in cerca di partner, tanto per cominciare.

E poi dal suo stesso cliché rimasto appiccicato al nome come di un luogo - ideale -per-vacanze-balneari- tutto- l‘anno-un-poco-esotiche- a- buon- prezzo. Per carità il balneabile c'è sempre, ma il mare non offre la limpidezza del Mediterraneo intorno allo stivale, sulle spiagge scorazzano e convivono cristiani, cavalli e cammelli si può immaginare con quale esito dal punto di vista igienico. Le sabbie delle coste sarebbero bellissime, fini e dorate, o meglio lo sono ancora- così si può immaginare- nelle enclaves dei grandi alberghi delle cosiddette “ zones turistiques”, quei ghetti solo per turisti come ben fa intendere la denominazione del tutto inappropriata e che mi auguro scompaia presto da tutti i luoghi della Tunisia.

I turisti dovrebbero stare con la popolazione locale, sparsi e mimetizzati come accade in tutte le altre località dei Paesi che, prima di essere turistici, si devono ricordare di essere Paesi normali. Ma torniamo a Jerba e ai suoi albergoni che battono bandiera di tutti gli stati europei, dalla Scandinavia in giù, e di cui oltre alla cancellata, non si intravvede nemmeno la facciata. Dalla cancellata in là, verso il mare, è zona bandita agli sguardi e tanto più all'ingresso dei non addetti ai lavori o ai piaceri. Se invece che negli albergoni si sceglierà di godersi una settimana di sole in una villotta, questa non sarà certo in prima fila sul mare, perché la prima fila fu occupata decenni orsono, e nemmeno in seconda perché questa è stata occupata sempre da un bel po' di tempo fa, dai ristoranti e dai supermercati.

E allora dove saranno le villotte da scegliere per le vacanze fai-da-te? Saranno assai più indietro, nelle zone che un tempo erano oliveti e palmeti e ora sono state sbriciolate in tanti piccoli appezzamenti dove gli imprenditori locali ma anche italioti e forse battenti altre bandiere hanno già sbancato o stanno per sbancare. Col risultato di una miriade di case rigorosamente bianche, rigorosamente con muro di cinta ben alto e adeguato cancello e con cupola che sporge da oltre il muro. Così intorno a Midoune e similmente intorno a Houmt Souk, le due cittadelle turistiche. Molto meno colonizzata Guellala, la cittadina a sud, dove - con meno turisti per la testa- gli abitanti lavorano tutto il giorno a estrarre argilla, a lavorarla ai torni a smaltarla e poi a metterla in mostra davanti ai laboratori.

E chi ha voglia di farsi qualche chilometro fino a Guellala troverà un'esplosione di forme e di colori da far impazzire. E sicuramente se ne tornerà agli albergoni o alle villotte con le borse piene di bella merce. Non si porta via niente invece dall'unico sito archeologico di Jerba, Meninx, sulla punta a sud-est, dove i resti di un antico e si immagina splendido insediamento, sono sparsi tra le erbe alte, ormai slavati e consunti dalla salsedine e dal vento, come corpi riesumati da un'antica sepoltura che non meritavano. La luce del tramonto e la bellezza del sito, accarezzato dalle maree, aggiungono fascino a quei marmi e a quei fregi di cui non si riesce ormai più a ricomporre l'insieme. Poco più si capisce dai reperti di un altro sito archeologico di epoca romana, a poca distanza verso ovest, ma sotto Jerba, appena sbarcati dal traghetto che congiunge l'isola con la terraferma.

Gigthis è il nome del sito, anch'esso in strategica e ottima posizione di fronte al golfo di Boughrara. Ci si passa davanti uscendo da Jerba per fare una delle classiche escursioni da un giorno- normalmente Matmata con le sue case troglodite, oppure Tataouine con le case-fortezza (ksar). Ma pochissimi si fermano ed è un vero peccato, anche se altri siti archeologici della Tunisia come Dougga e Cartagine hanno facile gioco nel rubare la scena a questi, per così dire, siti minori. A Gightis i giapponesi non si fermano e forse nemmeno tanti europei, mentre a Matmata i grandi bus scaricano asiatici e scandinavi a palate.

Più fotogeniche le case-pozzo dei templi romani? D'effetto senza dubbio, con quei cortili scavati e gli accessi alle stanze sotterranee, semplici e sapienti nello stesso tempo, della sapienza che la popolazione locale era in grado di esprimere per un abitare sopportabile in ogni mese dell'anno, quale più quale meno, torrido. Architetture senza architetti, come se ne vedono numerose in giro per il mondo, set a cielo aperto per storie fantastiche come Guerre Stellari (e di cui la Tunisia abbonda). Mentre la saga dei romani colonizzatori e imperialisti pare decisamente meno attraente. Roba da intenditori dal palato fine, piuttosto.

Ada Grilli (testi e foto)

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Eco di Bergamo Istantanee da Djerba