Irlanda, Skellig Michael
il fascino dell’inaccessibile

di Marco Birolini

A 9 miglia dalle coste del Kerry, nell’Irlanda sud occidentale, sorge dal mare una piramide verde e nera. È Skellig Michael, isolotto dalle forme surreali che colpì la fantasia di George Bernard Shaw.

A 9 miglia dalle coste del Kerry, nell’Irlanda sud occidentale, sorge dal mare una piramide verde e nera. È Skellig Michael, isolotto dalle forme surreali che colpì la fantasia di George Bernard Shaw.

«E’ lo scoglio più bello e impossibile del mondo» sentenziò lo scrittore dopo averlo visitato nel 1910. Un luogo sperduto e inospitale, dichiarato patrimonio dell’Unesco, dove sembra impensabile riuscire a vivere anche solo per pochi giorni.

Eppure un pugno di avventurosi monaci cristiani lo colonizzò già nel VI secolo: probabilmente copti in fuga dalle persecuzioni romane, raggiunsero le sponde di Skellig Michael con i currach, rudimentali ma agilissime imbarcazioni tipiche della tradizione marinara irlandese.

Si inerpicarono fino alla cima dell’isolotto e vi costruirono il più ardito dei monasteri. Ancora oggi si possono visitare le sei celle circolari (ricordano i nuraghi sardi) e i due oratori, costruiti pietra su pietra, che circondano i resti della chiesa di San Michele. Per arrivarci, però, bisogna prima salire i 600 gradini della scalinata a picco sul mare. Uno sforzo ampiamente ricompensato dal panorama, con lo sguardo che si ferma sulla vicina Little Skellig, regno delle sule, gli uccelli marini dagli occhi azzurri che si lanciano in acqua in picchiata per rimediare il pesce quotidiano. Il mini arcipelago è un paradiso naturale: durante la visita può capitare di imbattersi in delfini, foche e persino qualche balena.

Abbandonata dai monaci nel XII secolo, sfiniti dagli stenti, dalle continue burrasche e dalle continue scorribande vichinghe, oggi Skellig Michael è abitata solo dalle pulcinelle di mare. Coloratissime e socievoli, si lasciano avvicinare e immortalare dai turisti. Fortunatamente ne arrivano pochi, perché l’accesso è consentito solo a una decina di barche al giorno, che trasportano dodici persone ciascuna. Sempre che il mare grosso non impedisca l’attracco.

Inaccessibile e magnifica, Skellig sprigiona un fascino magnetico. Le leggende le si addensano attorno da secoli: qui, sospeso tra mare e cielo, San Patrizio affrontò lo scontro finale con i demoni che affliggevano l’Irlanda. Vinse la battaglia con l’aiuto dell’arcangelo Michele, cui da allora fu dedicata l’isola. Gli amanti del mistero non potranno fare a meno di notare che questo luogo remoto è perfettamente allineato con Mont Saint Michel in Francia, la Sacra di San Michele in Val di Susa e il santuario di San Michele a Monte Sant’Angelo, in Puglia, ma anche con altri luoghi sacri che passando dalla Grecia arrivano fino a Gerusalemme.

Una immaginaria linea retta in cui fin dall’antichità qualcuno ha voluto vedere una «barriera del bene» posta a difesa della cristianità. Suggestioni che si sovrappongono all’aura struggente di un luogo che dà le vertigini. Quando si arriva alla sommità della scalinata e si sbuca nella valletta di Christ’s Saddle si tira un sospiro di sollievo, prima di fermarsi per un veloce pic nic. Nel monastero non è infatti consentito portare cibarie: i sandwich attirano gli uccelli, che imbrattano le antiche vestigia. In un posto del genere, del resto, ci si ferma a pensare. Non certo a mangiare.

Skellig Michael si raggiunge con piccole imbarcazioni che partono al mattino dai villaggi della penisola di Iveragh, nella contea di Kerry (l’aeroporto più vicino è Cork, collegato a Bergamo da Ryanair). Il consiglio è fermarsi a dormire la sera prima in un bed & breakfast a Portmagee, adagiato sul canale che separa la costa da Valentia Island: appena al di là del ponte sorge «The Skellig Experience», il museo dedicato alle isole. Portmagee è un piccolo centro di 375 abitanti: offre un’atmosfera unica che si apprezza specialmente all’imbrunire, quando la quiete regna assoluta. Gli amanti della cucina di mare non resteranno delusi, visto che la principale attività della zona è la pesca. Nei pub viene servito il tradizionale «fish&chips», ma vale la pena lasciarsi tentare anche da un filetto di «hake» (nasello), magari innaffiato da una pinta di Guinness. Il mattino dopo basterà raggiungere a piedi il molo: in 40 minuti, mare permettendo, si arriva a Skellig.

Per altre informazioni consultate il sito www.skelligislands.com.

© RIPRODUZIONE RISERVATA