Un tifoso: «Perchè per noi atalantini
l'ennesimo divieto di trasferta?»

Dopo la decisione del Casms (Comitato di analisi per la sicurezza delle manifestazioni sportive) di vietare la trasferta ai tifosi nerazzurri per la partita Parma-Atalanta del 14 marzo, un lettore ci ha inviato una mail di protesta.

«Domenica scorsa sono stato con i miei figli (Andrea e Luca di 8 e 13 anni) a vedere l' atalanta a San Siro. La trasferta come ricorderanno i tifosi atalantini era stata consentita (dopo un iniziale divieto) a seguito del buon comportamento mostrato dalla tifoseria atalantina negli ultimi tempi. Abbiamo percorso con tutti gli altri tifosi bergamaschi il tragitto dal parcheggio di Lampugnano allo stradio; siamo entrati nello stadio , ci siamo visti la nostra partita, ed alla fine aspettando pazientemente una buona mezzora prima che decidessero di farci uscire, abbiamo con tutti gli altri tifosi ripreso la strada per il parcheggio.

Non c'è stato il minimo problema di ordine pubblico, nè prima della partita, nè durante, nè dopo. Niente di niente come del resto facilmente riscontrabile dalla cronache del giorno dopo che non hanno fatto accenno al benché minimo problema di ordine pubblico. Adesso ci viene vietata l'ennesima trasferta e francamente risulta molto difficile capirne i motivi. Se noi atalantini ci eravamo comportati bene tanto da autorizzare la trasferta di Milano e se a Milano non è successo nulla, quale è la motivazione di questo divieto?

Si dirà: i precedenti poco edificanti tra le due tifoserie. Bene, all'andata i tifosi del Parma giunsero a Bergamo e non ci fu nessun problema di sorta. Di più, a memoria (e sono 25 anni che frequento lo stadio di Bergamo) non mi ricordo di nessun precedente significativo tra le tifoserie di Atalanta e Parma: Credo che qualcuno dovrebbe avere la decenza di spiegare a me, privato cittadino e tifoso atalantino perché non devo essere trattato alla stregua di tutti gli altri.

Mi aspetterei che finalmente finisse questa discriminazione verso la nostra tifoseria che, lo dicono le cronache, non è sicuramente meglio ma nemmeno peggio di tante altre che vengono puntualmente “protette” da chissà quali santi. Mi aspetterei che una città si stringesse attorno alla sua squadra proteggendola e protestando, società, Istituzioni e media in testa, per queste discriminazioni. Mi aspetterei semplicemente di fare quello che la Costituzione Italiana mi garantisce (sulla carta) di fare: muovermi sul territorio italiano e decidere liberamente di andare a seguire uno spettacolo sportivo, solo per alcune persone in qualche anonimo ufficio, è considerato a rischio. Cordiali saluti»
Stefano Moioli

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