Annovazzi è l'Iron Man italiano:
ora cerco la donna della mia vita

Ci sono isole che non ci sono (quelle di Bennato), isole dei famosi (Ventura docet) e isole portafortuna: per informazioni chiedere di Matteo Annovazzi. All'Elba si sono disputati i campionati italiani Iron Man (3.800 metri nuoto, 180 km in sella alla bicicletta e 42 km e 195 metri di corsa) e a mettere piedi, pedali e cuffia sul gradino più alto del podio è stato il 34enne triathleta di Romano di Lombardia: non certo una novità, visti i suoi precedenti.

Perché il titolo in questione bissa quello di «lungo» di un mese fa a Bellagio, e portandolo nella storia tricolore della disciplina (mai nessuno era riuscito a vincere nello stesso anno sulle due distanze) lo conferma cittadino onorario dell'arcipelago toscano. Proprio qui, un anno fa di questi tempi, aveva conquistato il primo dei suoi tre titoli in carriera: «Ma stavolta è stato più bello perché più difficile - dice in apertura - è stato un finale di stagione ricco di appuntamenti, e un po' ne ho risentito».

Oltre che con le gambe, il portacolori del Peperoncino di Torino (oro a squadre), ha vinto con la testa, dopo una performance in crescendo. Prima frazione guardinga; seconda a rincorrere l'olandese Brands; operazione completata nella terza, chiusa in 9h43'10” dopo un splendida frazione podistica (3h08'59”, 25 minuti di vantaggio su Roviera, secondo italiano).

Non è solo un modo di dire, ma il nome dell'organizzatissimo fans club che l'ha seguito nella sua ennesima impresa. 50 persone al seguito, roba da fare invidia a certe tifoserie di squadre di calcio di serie B. Tifosi ampiamente ripagati per lo sforzo organizzativo (pullman, magliette, distribuzione capillare lungo il percorso): «Il momento decisivo della gara è stato proprio sotto gli occhi del gruppo più numeroso - racconta -. All'inizio del terzo giro della Maratona ho passato l'olandese e me ne sono andato via sostenuto dal loro tifo da stadio».

Dopo l'arrivo trionfale e l'attesa per nove lunghissime ore dell'ultimo classificato (una nobile tradizione della specialità) è finalmente cominciata la festa all'insegna di brindisi e bottiglie di champagne. «Un modo per celebrare anche i miei grandi amici Fabio, GianLuca e Roberto, che qui hanno gareggiato in distanze più "umane". Si sono avvicinati al triathlon su mio consiglio, mi danno una mano per sconfiggere la monotonia negli allenamenti settimanali».

Nella sua ultima impresa ci sono una portafortuna («Un braccialetto della mia nipotina Giulia, lo indosso da inizio agosto, credo non lo toglierò mai più) e una dedica «a mio papà, all'azienda per cui lavoro e al mio allenatore Simone Biava». Dopo tanta fatica (per lui il triathlon è quasi un hobby) ora si riposerà per un po' e mentre pianificherà la prossima stagione (dopo l'undicesimo posto di Immestadt la tentazione del Mondiale di Las Vegas è forte) spera che quest'anno venga archiviato come indimenticabile sotto tutti i punti di vista.

«Sto cercando la donna della mia vita, colgo l'occasione per lanciare pubblicamente un appello…». Per il primo weekend romantico nessun dubbio, via verso l'Isola d'Elba: la sua isola portafortuna.
Luca Persico

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