Doni: «Ora il 1° posto. Smetto?
Sarebbe il momento giusto»

Cristiano Doni sta proprio invecchiando. Adesso adora far vita ritirata e i complimenti che più gli fanno piacere sono quelli delle compagne di scuola di sua figlia. Il capitano domenica ha festeggiato la promozione in A restando tutto il giorno chiuso in casa.

Cristiano Doni sta proprio invecchiando. Adesso adora far vita ritirata e i complimenti che più gli fanno piacere sono quelli delle compagne di scuola di sua figlia. Il capitano domenica ha festeggiato la promozione in A restando tutto il giorno chiuso in casa. E il lunedì s'è compiaciuto per i complimenti delle amiche di Giulia. «Una ragazzina m'ha detto: "Siete stati forti, ieri ho indossato per tutto il giorno la maglietta con scritto: Obiettivo A". Devo dirlo al presidente...».

È stato il complimento più bello che ha ricevuto?

«Diciamo il più gradito. Assieme a quello di tanti ex atalantini. È sorprendente quanto sono rimasti legati a Bergamo tantissimi giocatori che hanno vestito questa maglia».

Quelli che di solito la invitano ad appendere le scarpe al chiodo?
«Ah, ah, proprio quelli. Per tutto l'anno mi hanno invitato a smettere, adesso mi fanno i complimenti. Ma non mi fanno più battute...».

Ci mancherebbe: Doni in campo a oltranza.
«Questo adesso non lo so, deciderò a fine stagione. Bisogna farlo a bocce ferme, pensando solo a quello...».

Ma, scusi, lei vorrebbe smettere?
«Io non so bene cos'è opportuno fare, e non ci voglio pensare adesso. Ma da un lato mi rendo conto che questo sarebbe il momento giusto per smettere».

Da vincitore?
«Diciamo in pace con me stesso. Confesso che io non stavo come oggi da due anni. Prima una stagione disgraziata e la retrocessione, poi dieci mesi a combattere per il riscatto. Non mi sentivo così sereno dall'estate 2009. Le persone che mi sono vicine è tutto il giorno che mi dicono "Tutto ok? Ti senti bene?". Io mi sento benissimo, diciamo che adesso sono rilassato».

Per questo vorrebbe smettere?!
«Per questo devo valutare bene cosa mi può riservare il futuro. È bellissimo sentire l'affetto e la stima di tutti, qui a Bergamo. Società, allenatore, compagni e tifosi sono incredibili, tutti mi vogliono in campo. Ma io mi devo chiedere: che ruolo posso avere nel prossimo campionato di serie A?».

Questo è il domandone.
«Appunto. Non mi fa paura correre, o prendermi delle responsabilità. Ma che ruolo posso avere a 38 anni in serie A? Quindi devo finire questa stagione e metterci la testa. Dopo aver parlato con la proprietà, la società, l'allenatore. Cosa si aspettano da me? Come mi vorrebbero collocare nell'Atalanta in serie A? Sono domande semplici che esigono risposte complesse. Ne riparliamo tra un mese».

Nel frattempo, a prescindere da Doni, che Atalanta servirà in serie A?
«Questo campionato di serie A ci ha detto che la lotta per la salvezza è sempre più difficile. Ci sono squadre che hanno fatto investimenti e sono nei guai».

Quindi quanti giocatori serviranno per essere competitivi?
«Cominciamo col dire che questo è un grande gruppo, che ha dato tanto per tutta la stagione. Tutti hanno fatto la loro parte e abbiamo raggiunto l'obiettivo prefissato. Non è mai facile dopo una retrocessione».

Ma...
«Beh, non ci vuole tanto a capire che il gruppo ha comunque bisogno di essere integrato e completato con giocatori di qualità, perché giocheremo in serie A, e con requisiti precisi».

Ci dica.
«Sicuramente ci servono giocatori di personalità e carisma».

Per evitare che Doni sia sempre indispensabile?
«Non è questo il punto. Questo gruppo c'è, ma i fatti dimostrano che ha bisogno di restare sempre sulla corda, per esprimersi al meglio. Perché se stacca la spina, succede come dopo Modena: un punto in tre partite...».

Allora diciamo 3-4 titolari con l'adrenalina di Doni?
«Nel calcio di oggi è sbagliato parlare di titolari e riserve. Diciamo che nel nostro caso servono dei giocatori da inserire in un contesto consolidato. Non so quanti, ma servono. E qui mi fermo, perché finiscono le mie competenze. Sono un giocatore, resto al mio posto».

L'allenatore?
«È noto che l'estate scorsa quando mi hanno chiesto un parere su Colantuono ho detto subito che era l'allenatore giusto per raggiungere il nostro obiettivo: la serie A subito. E io penso che Colantuono possa dare ancora molto, la ricordo bene la stagione dei 50 punti in serie A. L'ho detto anche domenica, ma questa non è "l'investitura di Colantuono". Io dico quel che penso, ma poi decide la società, che ha le idee chiare e sa fare dei programmi. Intendo dire che comunque l'Atalanta continuerà su una certa strada, con questo allenatore o con un altro. E non sarò io a sceglierlo... Per fortuna abbiamo proprietà e società forti: sono state fondamentali per tornare subito in A, facciano le loro scelte senza problemi».

Questo comunque non inciderà sulle sue scelte per il futuro?
«Io devo cercare risposte dentro me stesso. Non mi serve uno stipendio, cerco una mia collocazione».

Ci dica di questa stagione. Il momento più difficile?
«Direi le sconfitte ravvicinate dell'andata: Piacenza, Empoli, Livorno. Forse non ci eravamo ancora del tutto calati nella serie B».

Però lei ha detto che subito dopo quelle sconfitte ha capito...
«...che saremmo tornati in A. Sì, il modo in cui abbiamo reagito a quelle partite ha dato una svolta alla nostra stagione. Dopo il 2-3 di Piacenza abbiamo dato 4 gol al Padova. Dopo il Livorno abbiamo vinto quattro partite consecutive. Quando va così capisci che ci sono dei valori».

La convinzione di avercela fatta?
«A Modena. Ma poi ci siamo rilassati e...».

...avete dovuto aspettare il Portogruaro.
«C'era una tensione tremenda».

E lei... con l'arbitro...
«Ma no, vi assicuro che ero meno agitato di molte altre volte. Ho solo cercato di dare un segnale all'arbitro e ai miei compagni. Mi pare sia andata bene. E adesso cambia tutto. Anche se il campionato non è finito».

Insomma...
«Vi assicuro che io voglio vincere il campionato. La squadra vuole vincere il campionato. L'obiettivo è quello. Lo dobbiamo dimostrare».

Quanti punti per arrivare davanti a Conte?
«Diciamo che con 7 punti avremmo delle buone possibilità di arrivare primi».

Lunedì c'è il derby con l'AlbinoLeffe.
«Lo giocheremo, senza problemi. Cercando di vincere. Ci spiace per l'AlbinoLeffe, ma questo è il calcio. Noi abbiamo l'obiettivo di chiudere al primo posto. Poi vinca il migliore».

Ma volete mandare l'AlbinoLeffe in C?
«Si chiama Prima divisione, e noi non vogliamo mandarci nessuno. Il risultato finale è figlio di 42 partite di campionato non del derby. Io comunque auguro all'AlbinoLeffe di vincere domani il recupero con la Reggina. Poi lunedì saremo avversari».

Ha sentito l'idea del presidente Percassi? Vuole centomila persone in piazza per la festa del 21 maggio.
«Dico la verità: io ogni volta mi stupisco di quello che inventa. Se riesce a fare anche quest'altro miracolo, dopo i 16 mila abbonati d'inizio stagione... Boh, è una persona incredibile: vede, pensa e dice cose che sembrano impossibili, ma poi si verificano. È lui la fortuna dell'Atalanta, altro che Doni...».

Pietro Serina

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