Il legale di Cristiano Doni:
«Penso al tribunale civile»

«A questo punto forse è meglio ricorrere alla giustizia ordinaria». L'avvocato Salvatore Pino, difensore di Doni e Manfredini, chiude la giornata con un botto: si potrebbe uscire dall'ordinamento sportivo.

«A questo punto forse è meglio ricorrere alla giustizia ordinaria». L'avvocato Salvatore Pino, difensore di Doni e Manfredini, chiude la giornata con un botto: si potrebbe uscire dall'ordinamento sportivo.

Avvocato, sarebbe clamoroso: rinunciare al terzo grado di giudizio per ricorrere alla giustizia ordinaria.

«Ma no - spiega il noto penalista del foro di Milano - niente di clamoroso. Non è mancanza di fiducia nella giustizia sportiva, anzi siamo convinti che la prossima sentenza sarà diversa dalla precedente. Ma se la decisione fosse confermata rientra nei diritti dell'atleta, come di tutti i cittadini, ricorrere alla giustizia ordinaria per ottenere quella giustizia che, per tempi e struttura, nell'ordinamento sportivo potrebbe anche non ottenere».

Questo vale per Doni, per Manfredini o per entrambi?
«Questo vale per Doni. Immagino un ricorso al giudice del lavoro per chiedere prima una sospensiva della squalifica e poi un giudizio. La competenza sarebbe del tribunale monocratico di Bergamo e, in secondo grado, del tribunale collegiale. A giudicare sarebbe il tribunale civile, quindi giudici togati».

Ma arriverebbero ulteriori sanzioni per il giocatore e la società.
«Beh, è chiaro che prima di avviarsi su questa strada si dovrebbe rescindere il contratto tra Doni e l'Atalanta, in attesa della sentenza del giudice. Perché in caso di sentenza favorevole il contratto verrebbe automaticamente ripristinato».

Questa è una decisione già presa?
«Questa è una delle ipotesi che potremmo prendere in considerazione se la sentenza di primo grado sarà confermata. Decideremo con calma, la carriera calcistica di Doni è tale che non ci può far paura un'eventuale sanzione per il ricorso alla giustizia ordinaria. Ha 38 anni, non 20. È una bandiera. Conta solo ottenere giustizia».

La giustizia sportiva non basta?
«Diciamo che la debolezza dell'impianto accusatorio lasciava ampi margini alle difese, ma la Corte Federale ci ha concesso solo cinque minuti per intervento. Il tempo per evidenziare che la sentenza si basa solo su "voci ricorrenti del pubblico". E d'altronde l'ordinamento ha regole proprie del tutto particolari».

E Manfredini?
«Il caso è diverso, nell'intervento ho cercato di evidenziare la scarsa credibilità del pentito Micolucci, che ha proposto tre diverse versioni della stessa storia. Ma Manfredini è del tutto estraneo all'intero calcioscommesse, la sua è stata semplicemente una "boutade", non possiamo equipararla a un tentato illecito per le dichiarazioni di un pentito oggettivamente inattendibile».

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