Nazionale, non solo Denis e Cigarini
Prandelli «apre» anche a Schelotto

Prandelli parla della Nazxionale, e per il futuro c'è un'apertura a Osvaldo, un occhio di riguardo a centrocampisti di fascia come Schelotto, Cerci e Pepe, e l'eventualità di un cambio di abito.

L'Italia di Cesare Prandelli è fatta, verrebbe da dire che manca solo qualche italiano. In tempi di appelli all'unità, la tenacia e il realismo con i quali il commissario tecnico azzurro prosegue sulla sua strada sono apprezzabili, tanto quanto i risultati.

«Venerdì a Belgrado contro la Serbia sarà come la prima di un Europeo: per questo ho deciso di non cambiare molto, e di dare continuità al mio progetto», ha spiegato al primo giorno di ritiro.

Certo, per il futuro c'è un'apertura a Osvaldo, un occhio di riguardo a centrocampisti di fascia come Schelotto, Cerci e Pepe, e l'eventualità di un cambio di abito. Per ora, ci sono solo i ritorni di Barzagli e Cigarini, in ruoli identici agli assenti di turno. Nella sfida alla Serbia che ricorda la notte terribile di Ivan («ma nessuna paura: sarà un test per ambiente e forza dell'avversario, e nient'altro», sottolinea il ct) si va sul sicuro. E l'oggi dice che il jolly, l'unico a poter sconvolgere i piani, è Mario Balotelli. «Sarei felice se mi mettesse in difficoltà, lui come tutti: ma non voglio mettergli troppe pressioni, se ne cerca già tante da solo - le parole di Prandelli, che a settembre aveva scosso il ragazzo in una chiacchierata anti-apatia - Lo vedo più sereno. Diciamo che è in un momento di passaggio, e non vado oltre».

Lo spazio al City, i gol, l'assenza di balotellate: basterà a farne una certezza più che una promessa? «Lui con Cassano? È una possibilità, vedremo. Certo, il primo gol di Mario in nazionale farebbe bene a lui, ma anche a noi...».
Eccola, allora, la carta a sorpresa di un ct costretto a fare i conti con tempi troppo stretti per sperimentare. Un impedimento che lo ha già costretto a rinunciare al progetto iniziale del tridente e alla sua abitudine al centravanti di peso; e ora gli impedisce di provare una difesa a tre, anche solo con il nuovo De Rossi in supporto della coppia centrale.

«Cannavaro e Campagnaro stanno facendo molto bene col Napoli, ma la difesa a 3 ha altri movimenti: io ho trovato le mie certezze, e ho poco tempo per moduli alternativi, nè posso chiedere a Mazzarri di cambiare per me. Semmai, vedremo qualcosa di nuovo a centrocampo. Quanto a De Rossi, ora Luis Enrique ha bisogno di rigidità per inculcare il suo calcio, ma è uno da 7-8 gol a stagione, vedrete che presto tornerà più avanti...».

Le novità del campionato, quelle in grado di rimettere in discussione gli assetti azzurri, sono altre. La voglia di «creare gioco di tante squadre». Un Marchisio sul punto di «scollinare» e diventare un grande - ma sempre nel centrocampo a quattro finora disegnato -, un Giovinco che si candida a essere «l'italiano più interessante dell'anno».

Piccoli aggiustamenti alla formula potrebbero venire dalla stagione di Schelotto, Cerci e Pepe, «gli esterni che ci mancano: ma non bastano due o tre partite. Proverò qualcosa nelle amichevoli, poi a giugno vedrò se posso contare su moduli alternativi».

Infine, Osvaldo. «L'ho avuto da giovane alla Fiorentina: è l'attaccante moderno, non centrale e neppure esterno, ma con forza fisica, resistenza, senso del gol e capacità di difendere. Sembrerà strano, ma in Spagna insegnano questo: il primo difensore è l'attaccante, appena persa palla. Lo seguo». Ma da mercoledì prossimo, dopo Serbia e Irlanda. «Noi a Belgrado non dobbiamo speculare sul risultato, loro hanno bisogno della vittoria. Ambiente, tifosi, forza dell'avversario: c'è tutto per una partita da Europeo, una partita vera». Meglio dunque giocarsela con l'Italia vera, senza cercare di fare altri italiani.

Francesco Grant

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