Doni, venerdì alle 16 l'interrogatorio
Pesano i quattro giorni di carcere

di Emanuele Roncalli

Una «bandiera» tristemente ammainata, un idolo finito nella polvere, un mito travolto da accuse. Forse niente di tutto questo. C'è un luogo che rende gli uomini uguali. È il carcere. E Cristiano Doni non fa eccezione.

di Emanuele Roncalli

Una «bandiera» tristemente ammainata, un idolo finito nella polvere, un mito travolto da accuse e sospetti. Forse niente di tutto questo. C'è un luogo che rende gli uomini uguali. È il carcere. E Cristiano Doni non fa eccezione. Chi lo ha visto lo descrive in tuta e con la barba incolta: come tutti gli altri detenuti. Ora, dietro le sbarre, c'è l'uomo. Non quello che infiammava gli animi della curva, ma quello che ha l'animo spento in attesa di conoscere il proprio destino.

L'ex capitano – che sarà interrogato oggi alle 16 dal gip di Cremona Guido Salvini, mentre un'ora prima, alle 15, toccherà ad Antonio Benfenati, suo ex socio nel bagno «I figli del sole» – ha ricevuto ieri la visita dell'assessore regionale della Lega Nord, nonché supertifoso nerazzurro, Daniele Belotti e dell'onorevole Giacomo Stucchi, deputato del Carroccio. «Doni aveva le lacrime agli occhi, l'ho visto molto provato», ha riferito Belotti, incredulo, come Stucchi, di trovarsi a pochi giorni dal Natale a incontrare il giocatore dietro le sbarre.

I due bergamaschi hanno colloquiato con lui per quasi mezz'ora. Non si è evidentemente parlato del procedimento giudiziario in corso – come impongono le normative per i «ristretti» –, ma solo dello stato di salute e della detenzione. L'incontro si è svolto alla presenza della direttrice del carcere, Ornella Bellezza, e del comandante degli agenti di polizia penitenziaria.

«A noi interessava conoscere le condizioni di salute di Doni – ha tagliato corto Daniele Belotti –. Lui si trova in isolamento giudiziario: non può vedere né televisione, né avere i giornali. Può avere contatti con altri detenuti, ma non con coloro che sono coinvolti nella medesima inchiesta». «Devo dire – ha aggiunto il consigliere regionale – che mi ha fatto molto male vederlo così. Si è lasciato andare, ha la barba incolta, è davvero prostrato. Dorme poco, ha qualche libro ma non riesce a leggere per estraniarsi, non riesce a concentrarsi. Mi è apparso trasandato, come se non riuscisse a reagire a questa situazione. Non riesco a comprendere come il cappellano l'altro giorno l'avesse trovato "tranquillo e sereno". A me è parso un uomo impaurito, forse anche emozionato nel vederci».

«Sono riuscito a strappargli una battuta – ha continuato Belotti – quando ho parlato della partita dell'altra sera, dicendogli che Peluso ha messo a segno un gol strepitoso». «Dovevo finire in galera io – gli ha risposto Doni – perché Peluso segnasse. Io la partita l'ho sentita attraverso la radiocronaca che facevano i detenuti delle celle vicine». «La città è sotto choc», gli ha riferito Belotti. E Doni con gli occhi lucidi si è detto preoccupato per come possano reagire o come hanno già reagito i tifosi atalantini.

Quanto alla situazione familiare, Doni non ha nascosto il suo stato d'animo pensando alla moglie e alla figlia. L'ex capitano ha voluto parlare di questi giorni trascorsi in carcere. «Sono trattato benissimo, sia dal personale della casa circondariale, sia dagli altri detenuti – ha puntualizzato –. Sono stato trattato bene anche dagli agenti di polizia che sono venuti a prelevarmi a casa mia». Ma a questo proposito ha voluto precisare l'episodio raccontato dai giornali riguardante la presunta fuga dall'abitazione all'arrivo dei poliziotti. «Non è vera la storia della fuga, è stato un malinteso. Non volevo assolutamente fuggire e poi perché. Pensavo ci fossero i ladri in casa, così tutto trafelato ho raggiunto il garage, perché temevo per la mia incolumità», ha spiegato il giocatore.

«Il morale di Cristiano Doni è sotto un treno», è stata la laconica dichiarazione di Giacomo Stucchi. Il deputato e il consigliere del Carroccio hanno poi incontrato Filippo Carobbio, giocatore dello Spezia, ex giocatore dell'AlbinoLeffe e del Grosseto: «Ci è parso più tranquillo, più sollevato – hanno detto –, forse perché è già stato interrogato». Questa mattina Doni riceverà con ogni probabilità la consueta visita del cappellano. In quei pochi metri quadrati di cella attenderà la chiamata per l'interrogatorio. Le uniche notizie gli arrivano da «radio carcere», dal tam-tam di voci da una cella all'altra, da un detenuto all'altro. I carcerati gli raccontano cosa sta accadendo fuori, cosa si dice di lui. E il suo respiro diviene affannoso. Il suo cuore batte a mille.

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