Il commento di Arturo Zambaldo:
«Giustizia sì, ma non vendetta»

Sono tra i pochi non voltagabbana nei confronti di Cristiano Doni. Mi ero, subito, tolto dal consistente gruppo degli innocentisti fin dalla prima clamorosa notizia del giugno scorso sul calcio scommesse.

Sono tra i pochi non voltagabbana nei confronti di Cristiano Doni. Mi ero, subito, tolto dal consistente gruppo degli innocentisti fin dalla prima clamorosa notizia del giugno scorso sul calcio scommesse. Da quel giorno ho considerato la posizione dell'ex capitano atalantino particolarmente pesante per una ragione elementare ma di fondo.

Mi ero detto che se magistrato e questore di Cremona avevano, in conferenza stampa, resa nota la vicenda, consci del clamore che avrebbe suscitato, dovevano disporre di elementi concreti in mano. Che, poi, le indagini fossero tutt'altro che concluse avrebbero messo in allarme, più addetti ai lavori, società calcistiche comprese. Per questo mi ero dissociato dai compagni del tifo nerazzurro nel partecipare alla marcia, per le vie di Bergamo, di solidarietà al nostro trequartista. Ben mi sono, comunque, guardato dallo sparare fango in quanto nulla o quasi era dato conoscere sugli atti e sugli sviluppi degli spigolosi e sofisticati accertamenti.

Insomma mi ero attenuto a riportare quello che più o meno di ufficiale usciva dalle sedi istituzionali competenti in materia. Nessun tipo di schieramento non per identificarmi nel Ponzio Pilato di turno ma per portare avanti una linea il più possibile razionale priva di qualsiasi valutazione emozionale o affine.

Della scorsa settimana le ammissioni di Doni davanti al Gip seguite, in rapida successione, dall'unanimità o giu di lì di commenti e reazioni con il predominante termine «tradimento» rivolto all'indagato. A questo punto Doni, almeno sotto l'aspetto giudiziario pressoché indifendibile, è stato, di colpo, già condannato perfino da coloro pronti a scommettere, una volta, sulla sua totale estraneità. Adesso che le cose sembrano chiare lungi dal vantare la mia prudente interpretazione dei fatti risultata vincente. Avrei, invece, preferito applaudire a viva voce quelli che avevano condiviso con Doni l'iniziale vittimismo in aggiunta a rassicurazioni di ogni genere, giuramenti e lacrime versate in più occasioni.

Se mai ci tengo a ripropormi un non voltagabbana: le dichiarazioni di Doni, prima che scattasse l'arresto a Torre Boldone e il trasporto al carcere, non mi avevano minimamente condizionato. In altre parole l'ormai ex capitano non lo ritenevo un santo così come oggi non lo definisco un delinquente: se mai siamo di fronte ad una persona che ha sbagliato e che dovrà rispondere dei suoi errori. Giustizia sì ma non vendetta.

Arturo Zambaldo

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