I giocatori del Livorno increduli
Senza più neanche lacrime da piangere

Il pullman del Livorno è partito dall'ospedale civile di Pescara attorno alle 18,30. Tutti increduli, come automi e senza più neanche lacrime da piangere. Il tecnico Armando Madonna si è chiuso nel mutismo. Intanto in città in molti non riuscivano ancora a crederci.

Il pullman del Livorno è partito dall'ospedale civile di Pescara attorno alle 18,30. Tutti increduli, come automi e senza più neanche lacrime da piangere. Tutti partiti, Ma non il direttore sportivo Elio Signorelli. Che, con il medico Manlio Porcellini aveva raggiunto il pronto soccorso del nosocomio abruzzese a bordo dell'ambulanza che trasportava Morosini.

«Un'esperienza che non scorderò mai - le parole di Signorelli, mentre è ancora in ospedale -. Mi resterà, ci resterà per sempre dentro. Si tratta di un momento triste per tutti quanti e non ci sono parole per descrivere il dolore che sentiamo».

Il tecnico Armando Madonna, si chiude nel mutismo, idem il segretario Alessandro Bini. I giocatori, che erano in attesa di notizie nella sala d'aspetto del pronto soccorso, non hanno rilasciato dichiarazioni. Solo il capitano, Alessandro Luci ha sibilato un «Non si può morire per giocare a pallone».

Federico Dionisi, attaccante che al 3' del primo tempo aveva portato il Livorno sull'1-0, ha tentato di sfogarsi dando un cazzotto contro il pannello di un cartello stradale. Lì fuori, per strada, accompagnandolo con un urlo, una volta giunta la notizia che il cuore del compagno di squadra, quel ragazzo con un sorriso sempre per tutti, aveva smesso di battere. Intanto in città in molti non riuscivano ancora a crederci.

«Ho visto la scena in televisione e sinceramente ho sperato che le prime notizie che man mano arrivavano attraverso la voce del telecronista, fossero veritiere. Sembrava che non si trattasse di un evento così tragico. Anche se, vedere tutta quella concitazione, a dire il vero, mi era piaciuto poco».

Queste, le prime parole di Alessandro Cosimi, sindaco di Livorno e grande appassionato di sport. Il primo cittadino, riprende: «Mi sono già sentito telefonicamente col presidente Spinelli dicendogli che la città è vicina alla società. Che mi dica, magari dopo consultazione con i giocatori, cosa possiamo fare tutti insieme per ricordare questo povero ragazzo, questo atleta sfortunato».

Ammette di aver fatto una gaffe, quando, nell'immediatezza, ha dichiarato di sentirsi vicino alla famiglia. Non sapendo che la madre, Camilla, era morta nel 2001 quando Piermario aveva solo 14 anni, che il padre Aldo è mancato due anni più tardi e che anche il fratello qualche tempo dopo lo aveva lasciato.

È rimasta solo la sorella, per la quale il centrocampista amaranto in prestito dall'Udinese, viveva. Cosimi, ha la voce rotta dall'emozione e racconta di aver sentito affranto pure il presidente del Livorno. «Era distrutto, pure lui ha visto accadere tutto in gran fretta seduto sul divano del salone della villa genovese in compagnia di amici. Stava godendosi il 2-0 dei suoi giocatori sul campo del Pescara di Zeman. Poi, all'improvviso, quella scena. Certo, davanti a questi eventi, ci dobbiamo sentire tutti quanti un po' più piccoli».

© RIPRODUZIONE RISERVATA