Sport
Venerdì 12 Aprile 2013
Venerdì 19 l'incidente probatorio
relativo alla morte del giocatore
Si terrà venerdì 19 aprile l'incidente probatorio disposto dal gip di Pescara relativo alla morte di Morosini. La relazione dice che fu una cardiomiopatia a ucciderlo, ma se i medici avessero usato il defibrillatore, Morosini avrebbe avuto più chance di salvarsi.
Si terrà venerdì 19 aprile l'incidente probatorio disposto dal Gip di Pescara Maria Michela Di Fine relativo all'inchiesta per la morte di Piermario Morosini. L'udienza ruoterà intorno alla relazione scritta dai periti nominati dal Gip, nella quale è scritto con evidenza che fu una cardiomiopatia aritmogena ad uccidere lo sfortunato calciatore del Livorno allo stadio Adriatico il 14 aprile di un anno fa durante Pescara-Livorno.
Ma se tutti i medici accorsi intorno allo sfortunato calciatore bergamasco avessero usato il defibrillatore, Morosini avrebbe avuto più chance di salvarsi. È questa la conclusione alla quale sono arrivati anche i periti del giudice, esattamente la stessa alla quale arrivò il medico legale Cristian D'Ovidio che effettuò l'autopsia.
Per i periti il comportamento dei medici ha «avuto rilevanza causale nel determinismo dell'exitus dell'atleta». I consulenti del Gip Vittorio Fineschi, Franco Della Corte e Riccardo Coppato danno responsabilità diverse ai quattro medici indagati per omicidio colposo, ossia quello del Livorno Manlio Porcellini, quello del Pescara Ernesto Sabatini, il responsabile del 118 dello Stadio Vito Molfese e il primario dell'ospedale di Pescara Leonardo Paloscia.
I periti indicano nel medico del 118 Molfese quello con «il ruolo più delicato». A lui infatti «sono addebitabili i maggiori profili di censurabilità comportamentale», perché «pur intervenendo in un momento successivo rispetto ai primi due medici, si deve a lui riconoscere, tuttavia, il ruolo di leader che egli avrebbe dovuto assumere, procedendo immediatamente alla ricostruzione degli atti di soccorso praticati dai colleghi, immediatamente riconoscendo l'assenza di impiego del defibrillatore ed operandone l'impiego ad un tempo in cui una defibrillazione esterna si sarebbe associata ad una probabilità di sopravvivenza ancora piuttosto elevata».
Un ruolo negativo hanno avuto anche i due medici sociali del Pescare e del Livorno, Sabatini e Porcellini. Il primo perché «in qualità di responsabile del soccorso nel campo della squadra ospitante era chiamato a conoscere la disponibilità del defibrillatore».
Per il secondo addirittura responsabilità superiori rispetto al collega pescarese, perché non «avrebbe sfruttato l'incomparabile opportunità di intervenire precocemente mediante defibrillazione esterna in un momento in cui la probabilità di pieno recupero del circolo cardiovascolare è massima (è il primo sanitario giunto nell'assistenza a Morosini). Tale omissione diagnostica-terapeutica, pertanto, riveste ruolo causale nel determinismo dell'exitus di Morosini».
Nei confronti del primario Paloscia invece i periti dicono che essendo arrivato per ultimo ha meno colpe perché «la tempistica d'intervento, le modalità di svolgimento della prestazione fornita ed il suo ruolo nella vicenda, fanno concludere che solo residue chance di sopravvivenza erano ormai ipotizzabili nel Morosini al momento dell'intervento di questo medico», ossia che al suo arrivo per Morosini c'era poco da fare.
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