Atalanta, quelle analogie tra la dirigenza
della Coppa Italia 1963 e di adesso

Allora occupavano i posti preminenti i Tentorio, Previtali e i sopraggiunti Randazzo e Favini ora Sartori, Marino, Costanzi e Spagnolo .

Chi ha avuto la fortuna di condividere, dagli spalti di San Siro (non ancora denominato «Meazza») la gioia del capitano Piero Gardoni attorniato dai compagni a centro campo mentre innalzava al cielo quella Coppa Italia (datata 2 giugno 1963) non poteva minimamente ipotizzare un’Atalanta da Champions a quasi sessant’anni di distanza. Invece la favola si è avverata ed eccoci qua a fantasticare ulteriori exploit addirittura a stretto giro di posta. Si perchè come smorzare l’entusiasmo di fronte a un team che prima del forzato (e sacrosanto) stop vantava il quarto posto in campionato ed era reduce dalla qualificazione ai quarti di finale della competizione europea numero uno (4-1 nell’andata a Milano e 4-3 nel ritorno in Spagna contro il Valencia)? In altre parole nerazzurri in piena salute fisica e mentale sia in campionato che all’estero.

E perché coniugare il trionfo in Coppa Italia con i tempi di adesso? Per tenere sempre vivo quel ricordo e parallelamente dare il giusto peso alla cavalcata storica raggiunta. Esiste comparabilità, mettendo da parte gli aspetti tecnici, nei modi gestionali tra l’Atalanta di allora e quella di adesso o meglio quella della famiglia Percassi. In primis la conduzione oculata o se preferite il modo di una programmazione all’insegna del fatidico «passo secondo la gamba». dopodiché fiuto e competenza in materia nella scelta dei preposti a ruoli dirigenziali nel più ampio e rigoroso senso del termine. Allora occupavano i posti preminenti i Tentorio, Previtali e i sopraggiunti Randazzo e Favini ora Sartori, Marino, Costanzi e Spagnolo (e, scusate se è poco...).

© RIPRODUZIONE RISERVATA