Basket orobico in lutto, addio Cerottini
Fu bandiera del Celana negli anni ’70

Giocatore intelligente e tecnico (lo seguì anche L’Olimpia Milano), uomo mite e signorile. Aveva 70 anni.

Un grave lutto ha colpito l’ intero ambiente del basket orobico. È mancato improvvisamente mercoledì all’ età di 70 anni Luciano Cerottini, autentica bandiera e capitano del Celana anni 70-80. Cerottini era uno dei tanti ragazzi che il leggendario don Franco Maggioni aveva avviato alla pallacanestro quando gli stessi frequentavano da studenti il collegio. Erano i tempi di Amadeo, Balduzzi, Cesani, Bondioli, Safran e del «vecio» Galbuseri, che portarono quella squadra dal livello regionale alla B nazionale.

Per intelligenza e tecnica di gioco Cerottini è ben presto svettato, tanto che la blasonata Olimpia Milano insistette, senza esito, per averlo nelle proprie fila. La mamma, signora Erminia, per anni è stata generosa presidente del Celana e la sorella Margherita, a sua volta, ottima regista di serie A. Ma Luciano, al di là delle spiccate doti di atleta, nella vita di ogni giorno si è fatto apprezzare e ben volere pure per la bontà e mitezza d’ animo. Signorile nel tratto e nel comportamento, era solito distribuire saggezza e serenità ai numerosi amici e conoscenti. Lasciata l’ attività agonistica (nel frattempo si era laureato in ingegneria) frequentava abitualmente i palasport per assistere alle gare dei vari campionati. Solo un mese fa l’ avevamo incontrato al Palasport in occasione di un incontro della Bergamo Basket. Lascia la moglie Franca e il figlio Andrea. I funerali si sono svolti venerdì mattina in città nella chiesa parrocchiale del Tempio Votivo di Bergamo.

Sempre Don Maggioni avrebbe desiderato parecchio che Luciano assumesse ruoli dirigenziali dei più importanti nel club fondato con l’ indimenticabile professor Franco Deretti, ma evidentemente il capitano ha voluto privilegiare altri obiettivi. Chi scrive ricorda dopo una sconfitta «di peso» a Bolzano che Cerottini, nello spogliatoio, invitò compagni e allenatore l’ indomani a cena a casa sua per rincuorarli e dar loro la classica carica: «Ragazzi - disse nell’ occasione -, bisogna guardare avanti: vinciamo la prossima partita così dimenticheremo di colpo Bolzano». Anche questo faceva parte del suo dna in grado di sprigionare, a seconda delle situazioni del momento, una singolare profondità riflessiva da accostare all’ immediato futuro.

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