Come gestire il caso Livaja?
È un intricato rompicapo

Non è stato affatto un gioco da ragazzi gestire i Maradona, Cassano, Balotelli (fermiamoci qui). Chiedetelo, nell’ordine, a Ottavio Bianchi, Capello, Mourinho, terzetto di allenatori con la «A» maiuscola.

Non è stato affatto un gioco da ragazzi gestire i Maradona, Cassano, Balotelli (fermiamoci qui). Chiedetelo, nell’ordine, a Ottavio Bianchi, Capello, Mourinho, terzetto di allenatori con la «A» maiuscola.

Il terzo episodio (da un anno a questa parte) indiscutibilmente da stigmatizzare che ha avuto protagonista Marko Livaja ci porta, di conseguenza, a coinvolgere Stefano Colantuono. Premessa: può magari ritenersi irriverente l’accostamento della punta atalantina con il terzetto di campioni menzionati.

Attenzione, però che, quanto a talento calcistico, quello attribuito a Livaja viene puntualmente sostenuto all’ unanimità. In casa atalantina, ad esempio, non fanno eccezione il presidente Antonio Percassi e il direttore generale Pierpaolo Marino.

Anche di recente, entrambi, nel corso di Tutto Atalanta, su Bergamo Tv, hanno magnificato le innate qualità del giocatore da salvaguardare, quindi, per il bene della squadra senza escludere l’aspetto patrimoniale. A questo punto tirare in ballo Colantuono ci pare razionale. Due, a detta di molti, le strade da seguire: reintegrare il giocatore nella rosa, una volta trascorsi i dovuti tempi della nuova esemplare punizione oppure prolungarne la messa in disparte in attesa delle liste di trasferimento della prossima estate.

Sembra proprio non sussistere la classica via di mezzo vista la recidività dei comportamenti. Qualcuno, poi, suggerisce che la medicina migliore sarebbe quella di utilizzarlo maggiormente in campionato in modo che si Livaja si senta più motivato e, pertanto, equamente responsabilizzato. Tra questi c’è chi ha modo di osservarlo negli allenamenti settimanali dove abitualmente esplode numeri di alta e raffinata scuola.

In contrapposizione, comunque, c’è che quando Colantuono gli ha concesso l’opportunità in prima squadra raramente ha confermato il suo effettivo valore. Al tirar delle somme siamo di fronte ad una decisone che definire difficile è di sicuro restrittiva. In situazioni del genere ricorrere all’antico detto «fammi indovino e ti farò ricco» è, davvero, appropriato.

Arturo Zambaldo

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