Garzelli camoscio sulla Presolana

La sagoma elegante di Garzelli sbuca dalla galleria della Sponda, preceduta dall’ammiraglia della Caldirola, guidata da Valerio Tebaldi, e seguita dalla Porsche della bella moglie spagnola del campione, Maria. Il varesino, maglia rosa del 2000, sta provando in sella alla sua De Rosa la salita finale della penultima tappa del prossimo Giro d’Italia, la Bormio-Presolana di 121 chilometri, quasi certamente decisiva ai fini della vittoria finale.

La giornata è grigia in Valle di Scalve, ma la temperatura relativamente mite -13 gradi all’una del pomeriggio, quando Garzelli attacca la Presolana - invoglia a pedalare ed è l’ideale per un test attendibile. Stefano è salito in bicicletta a Breno verso le 10,30, ha risalito la Valle Camonica fino ai Forni d’Allione e lì ha girato a sinistra infilando la strada del Passo del Vivione. «Ho pedalato per una quindicina di chilometri - spiega - fino a quando il fondo stradale me lo ha consentito. Poi, dove ho trovato la neve per terra, mi sono fermato e ho fatto dietrofront. Il Vivione non ha pendenze particolarmente dure, ma è lungo: mi hanno detto che dalla base al valico ci sono 23 chilometri. Affrontato dopo il Mortirolo, non sarà uno scherzo».

Garzelli sbuca dal tunnel della Sponda, ci strizza l’occhio e prosegue di buona lena. Ci infiliamo in macchina con Giovanni Bettineschi, presidente del comitato organizzatore delle due tappe bergamasche del Giro, e lo seguiamo lungo i tre chilometri più impegnativi della scalata. Il varesino sale composto, seduto in sella e mulina le gambe con agilità. All’uscita dai tornanti più duri, ne approfitta per testarsi: sempre azionando il rapporto più corto, abbassa le mani all’impugnatura inferiore del manubrio, come era solito fare il Pantani dei tempi d’oro, si alza sui pedali e scatta, mantenendo la velocità massima per una cinquantina di metri. Ripete l’azione ad ogni tornante, per sei-sette volte. Quando arriva al passo, è soddisfatto: «E’ una salita difficile - dice con la cortesia che gli è abituale - perché i tre chilometri qui sotto sono davvero impegnativi e faranno sicuramente selezione. In questo tratto potrebbe venir buono il 23. A proposito: è qui l’arrivo della tappa?».

Quando gli spieghiamo che l’arrivo è un paio di chilometri più sotto, Stefano si fa dare un giubbotto da Tebaldi e rimonta in bicicletta: «Voglio andare giù a vederlo». Poi, sempre in bicicletta, risale al passo. Qui gli viene chiesto se avrebbe preferito l’arrivo in cima. «No, non c’è alcuna differenza - afferma - perché non saranno quei due chilometri di discesa a cambiare volto alla tappa. Chi passa su anche soltanto con una decina di secondi di vantaggio, non verrà più ripreso, perché la discesa è facile e non consente recuperi. E poi, sotto il profilo spettacolare, è stato scelto un posto ideale per un arrivo di tappa».

Stretta di mano, auguri di prammatica e Garzelli si dirige verso l’albergo dove lo attendono una doccia tonificante e un piatto di spaghetti. Valerio Tebaldi, il direttore sportivo della Caldirola, che lo ha seguito al volante dell’ammiraglia, ci precisa altri dettagli: «In tutto - dice - Stefano ha pedalato per circa 120 chilometri. Il tratto di superstrada fra Cedegolo e Boario Terme, una trentina di chilometri, lo ha compiuto nella scia dell’ammiraglia, per fare un po’ di ritmo. Adesso torna a casa, a Valencia, poi dedicherà l’ultimo mese a un lavoro mirato in vista del Giro d’Italia: disputerà il Giro d’Aragona, la Liegi-Bastogne-Liegi, e, come ultima prova di rifinitura, il Giro di Romandia».

(05/04/2004)

© RIPRODUZIONE RISERVATA