Gotti: «Tornando al Paladina ritrovo il mio primo amore»

Va dove ti porta il cuore. Meglio: va dove ti riporta il cuore. Ivan Gotti non resiste al richiamo delle sue origini e si lascia dolcemente sedurre dal suo primo amore ciclistico, l’Unione sportiva Paladina, della quale è diventato ufficialmente collaboratore. Non solo: sulle tradizionali maglie rosse del club brembano comparirà nel 2004 la scritta «Scuola di ciclismo Ivan Gotti», a testimonianza del fatto che si tratta di un impegno tuttaltro che superficiale.

«Il Paladina - spiega il campione sceso di sella alla fine della stagione 2002 dopo aver vinto in carriere due Giri d’Italia - è stato il team nel quale mio papà mi ha portato quand’ero ancora un bambino. Qui mi hanno insegnato l’abc di quello che sarebbe poi stato il mio mestiere, qui ho cominciato a correre. Ero talmente mingherlino che non c’era divisa piccola a sufficienza per le mie misure: la maglia mi copriva penzolante i calzoncini, le mezze maniche mi arrivavano fin sotto i gomiti, i calzoncini dovevo arrotolarli indietro se no mi facevano da calzamaglia. Ma quanto affetto, quanto calore, quanto buon senso ho trovato in quei dirigenti, ai quali ancor oggi mi sento di dovere infinita gratitudine, perché mi hanno permesso di crescere e maturare come atleta e come uomo, senza mettermi addosso pressioni. Al Paladina sono rimasto legato sei anni: due da esordiente, due da allievo e due da junior. Sono dovuto venir via per forza quando sono passato dilettante».

Alcuni di quei dirigenti di vent’anni fa occupano ancora il loro posto nella società presieduta da Walter Bonalumi, a partire dal segretario Antonio Togni. Poi c’è il team manager Raffaello Bonalumi, che è anche membro del comitato provinciale della Fci. «Quando mi hanno chiesto la disponibilità - continua Ivan - ho fatto due calcoli per vedere se potevo ritagliarmi un po’ di tempo libero fra gli impegni del nuovo lavoro che ho intrapreso dopo avere smesso di correre, e alla fine ho detto che sì, si poteva fare. Sarà un rapporto di natura tecnica, che nasce da zero ed è dunque destinato a crescere col tempo. È un’esperienza nuova, per me e per loro: a me consente di fare qualcosa di utile in un mondo che fino a ieri è stato tutta la mia vita; a loro immagino dia una visibilità superiore, grazie anche al mio nome, che potrebbe portare qui nuove leve di ragazzi intenzionati a correre in bicicletta. Per ora, fra esordienti e allievi, sono otto».

Nei giorni scorsi, Gotti è definitivamente uscito anche dalla famigerata, estenuante querelle del sequestro di medicinali relativa al Giro d’Italia 2001. «Ho patteggiato a cinque mesi, convertiti in pena pecuniaria, per venirmene fuori una volta per tutte - afferma - anche se ribadisco con forza che fra quei medicinali non ce n’era nemmeno uno senza prescrizione medica. Ero in regola, insomma, ma non ne potevo più di vedere continuamente tirato in ballo il mio nome e quello dei miei famigliari. Così ho deciso di chiudere una volta per sempre questa amara vicenda, sulla quale sono stati costruiti autentici romanzi di fantasia».

(06/11/2003)

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