L’Atalanta sul pianeta Barcellona
Un giorno per scoprire la «cantera»

Blitz dell’Atalanta sulla luna, a Barcellona. «Ci hanno accolto in modo esemplare, ci hanno lasciato a bocca aperta. Ricambieremo la visita a Zingonia e porteremo qui gli allenatori dei nostri ragazzi per uno stage». Parole dell’ad Luca Percassi.

Blitz dell’Atalanta sulla luna. «Ci hanno accolto in modo esemplare, ci hanno lasciato a bocca aperta. Ricambieremo la visita a Zingonia e porteremo qui gli allenatori dei nostri ragazzi per uno stage». Qui dove? L’ad dell’Atalanta Luca Percassi è al telefono, nel tramonto di Barcellona, con un piede verso l’aeroporto e negli occhi i bagliori dei diamanti blaugrana. Il Camp Nou, la Ciutat Esportiva, la Masia, vale a dire la «cattedrale», la fucina del modello Barça e la scuola della luna catalana, al cuore del cuore del Barcellona. Un blitz decollato alle 6 di mattina, accolto dal vicepresidente catalano Jordi Cardoner e concluso a Bergamo by night.

«Un regalo della società per farci toccare il segreto di questo club», la Cantera, dicono con aria incantata il maestro Mino Favini e «l’allievo» Giancarlo Finardi, l’oggi e il domani della cantera atalantina. Luca Percassi, Favini, Finardi, con loro il direttore generale Pierpaolo Marino, il direttore sportivo Gabriele Zamagna, il direttore operativo Roberto Spagnolo. Una squadra di occhi sgranati nel laboratorio alchemico del Barcellona, quella matrice delle meraviglie che trasmuta i sogni in oro e il pallone in idee, dentro e fuori dal campo.

Certo, c’è di mezzo anche la Nike, nuovo sponsor atalantino e già marchio dei catalani, che ha favorito l’incontro, ammette Percassi. Ma oltre il marketing c’è l’incanto del contatto, il viaggio al centro della meraviglia. «Lo stadio è straordinario, ma il centro sportivo è il massimo che si possa immaginare», racconta Finardi. «Nove campi per i campioni e i bambini, per la prima squadra e i piccolini, passando dalla squadra B alla Primavera, 5 campi in erba, 4 sintetici, uno spazio solo per i portieri, un campetto per i lavori fisici. Lo sapevamo ma vederlo è un’altra cosa». Vederlo vuol dire rivedersi, in miniatura. La Ciutat come Zingonia, la Masia come la Casa del Giovane? In scala, attraverso uno specchio, facendo umile tara alle differenze. «Ovvie. Ma il reclutamento, le idee di fondo, i principi della formazione, sono simili ai nostri. Il modello Barcellona rafforza il modello atalantino, il modello Favini».

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