«Mammaaa, ho vinto l’Olimpiade»
Un tappo di bottiglia e i tanti aneddoti

Lacrime sul podio per Sofia Goggia, oro olimpico nella discesa libera: l’azzurra ha ricevuto la sua medaglia da Thomas Bach, presidente del Cio, e ha trattenuto a stento le lacrime al momento dell’inno. «Come è questa medaglia? E’ d’oro, ed è per sempre», ha poi detto a RaiSport, dopo la foto con l’amica-rivale Lindsay Vonn.

«È un crescendo di emozioni, dalle prime piste facili nella mia Foppolo fin qui alle Olimpiadi: sono fortunata, è un sogno che insegui e non tutti realizzano», ha concluso Goggia, prima di urlare: «Mammaaa, ho vinto l’Olimpiade...».

Sofia si è tenuta un tappo di bottiglia come portafortuna, dopo aver vinto qui in Corea in Coppa del mondo. Lo ha infilato nella sacca per andare incontro all’appuntamento con la storia e chiudere un cerchio magico creatosi sulla neve di PyeongChang. Lo show olimpico di Sofia Goggia è nel suo stile: battute, risate e la voglia di mostrarsi sempre per quello che è. «Di solito sono una pasticciona, ma stavolta sono stata una samurai» dice mentre si infila nel frullatore dell’oro olimpico. Ma non ditele ora che è una star, anche se ha battuto ai Giochi la numero uno, la sua amica e rivale Lindsay Vonn. «Ma il confronto non c’è, la sua carriera si commenta da sé con quello che ha vinto: io sono piccola vicino a lei, che è un esempio anche di generosità. Rara da queste parti».

Poi ripensa alla gara: «Non ho realizzato di essere campionessa olimpica: sapevo di potercela fare, è vero, ma nello sci può succedere di tutto. Non è stato facile, ho avuto quattro operazioni ma ogni volta mi sono detta che dovevo ripartire. Sai, come la scintilla che non si spegne nel caminetto. Ecco io ho un talento ma nessuno mi ha mai regalato niente, mi sono sudata tutto, con gli artigli e con i denti».

Racconta gli aneddoti della sua vita di sportiva, il legame con le altre sciatrici, non solo la Vonn. Di quando con il ginocchio rotto la svizzera Dominique Gisin le ha ceduto la sua business in aereo per farla viaggiare comoda. «Lei ha vinto l’oro a Sochi e mi ha passato il testimone qui». Corsi e ricorsi, fatti di gioie e non poche sofferenze. Ma Sofia è istrionica, racconta che anche qui non ha tradito il suo vizio in partenza («Certo che ho sputato, a destra»), dice di aver messo gli sci di Peter Fill, e festeggia il terzo oro azzurro al femminile: «Il mondo va verso le femmine, fatevene una ragione» sorride mimando il gesto che faceva Luca Toni all’orecchio quando segnava.

Per arrivare così in alto ha costruito nei dettagli la sua discesa: «Mi sono concentrata al massimo, volevo la gara perfetta e stavolta è stata così. Mi sento estremamente fortunata, realizzo il sogno di quando ero bambina. Ho vinto l’oro olimpico, è stata la discesa della maturità. Non sarò una sciatrice con la classe, quando scendo mi sento come se suonassero chitarre elettriche. Ma mi fido delle mie gambe e quello di cui sono felice è che resto sempre io. So che avrei avuto intorno chi mi ama anche se non avessi vinto niente, e questa è la mia medaglia». Il voto che si mette in pagella è scontato, senza goggiate e con l’oro che vale di più è «dieci, se non me lo do oggi quando?».

Con i 150 mila euro del premio ancora non sa cosa fare, «ma un occhio a immobiliare.it lo butto, comunque un regalino me lo faccio anche se la realtà è che ho tutto». E ora anche il titolo che l’Italia aspettava da sempre: e lei si tiene stretto il suo amuleto, quel tappo avuto in dono un anno fa proprio qui a PyeongChang dove ha fatto doppietta in coppa. «Doveva essere uno champagne, era un lambrusco: me lo ha dato la moglie dell’ambasciatore con la promessa di ridarglielo vincendo ai Giochi». Lo tiene stretto il suo amuleto, come l’oro che ora scende sul collo. Tra occhi lucidi e grandi emozioni: «Ci sono io, ho lottato e sono qui. E questo oro è per sempre».

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