Il lavoro e la fase 2, la Cisl denuncia:
«La metà delle aziende Bg non è pronta»

La Cisl interviene sul tema della riapertura del lavoro nella cosiddetta fase 2 sottolineando che «la metà delle aziende non è pronta».

Ecco il comunicato

«L’accorato appello alla ripresa che “Confindustria del nord” ha lanciato nei giorni scorsi, si scontra con lo stato delle cose. La grande maggioranza delle aziende del territorio bergamasco non è in regola, o lo è solo in parte e sulla “fase due” la Cisl provinciale, con le sue categorie dell’industria, “resta molto perplessa sulle prospettive, se la gestione e la sensibilità da adottare in questo particolare momento sono simili a quelle adottate in fase uno”».

«In provincia il numero che ha già ripreso o non ha mai interrotto la produzione è particolarmente alto: nonostante la bergamasca sia l’epicentro dell’epidemia, infatti, quasi la metà delle aziende meccaniche non si è mai fermata; le chimiche girano a pieno ritmo da sempre; un importante numero di aziende del comparto costruzioni si sta autocertificando per riprendere o continuare l’attività…«

«“Serve ripartire con una politica economica che faccia leva su un grande piano di investimenti pubblici, ma garantendo la salute e la sicurezza in tutti i luoghi di lavoro - dice Danilo Mazzola, della segreteria Cisl di Bergamo - La nostra provincia si trova in un frangente critico: all’emergenza sanitaria si sta affiancando l’urgenza di far ripartire le attività produttive per scongiurare ulteriori scossoni all’economia. Bisogna però assicurare che la riapertura delle aziende porti alla ripartenza economica, non alla ripartenza dei contagi”».

«Come si poteva immaginare, non tutto è in regola. Fim Cisl ha firmato protocolli con il solo 30% delle aziende metalmeccaniche. “In una provincia in crescente attesa di capire quando riprendere le attività lavorativa (in questa settimana tra attività essenziali e deroghe più o meno forzate, circa il 40% delle attività sono già partite) la fase di ripartenza è già avviata nei fatti. È una discussione importante - dice Luca Nieri, segretario generale Fim Cisl -, ma non appassionante. Fondamentale sarà capire come si vuole ripartire. La fase 2 di cui tutti parlano non dovrà essere svolta con la frenesia del voler ripartire, ma con la consapevolezza di partire in maniera graduale e progressiva, per efficientare sul campo le misure di sicurezza e tenendo conto del sentimento di insicurezza e paura dei lavoratori. In alcune realtà che valorizzano il confronto con le organizzazioni sindacali, il 30% delle aziende ha costruito protocolli sulla sicurezza specifici, adattando quanto previsto dai decreti e costituendo il comitato di sorveglianza. Ma quasi ovunque è stato frutto di una spinta sindacale. Emblematico il caso Lucchini: la condivisione è un percorso che non tutti perseguono”».

Nel campo delle costruzioni, già dai primi di marzo le aziende più strutturate si sono adoperate per distribuire ai propri dipendenti Dpi e igienizzanti, ma la realtà produttiva bergamasca è caratterizzata da imprese di piccole e medie dimensioni che non hanno gli stessi canali di fornitura che hanno i grandi gruppi e stentano a mettere in pratica le norme di sicurezza. Circa il 40% delle aziende produttive del settore, comprese quelle Edili industriali, si sta attivando per rientrare dopo Pasqua. Queste ultime si stanno informando con gli enti bilaterali per la riattivazione dei presidi di sorveglianza sanitaria. .

«“Un numero importante di autocertificazioni sono pervenute alla Prefettura in questi giorni e questo implica un necessario rafforzamento degli strumenti di vigilanza e controllo - interviene Simone Alloni, numero uno di Filca Cisl -, in modo da non lasciare all’impresa la libera interpretazione di tutte le disposizioni obbligatorie ed inderogabili che il Protocollo tra Governo e Associazioni prevede. Importante sarà dare le gambe alle commissioni paritetiche tra Rlspp aziendale, Rappresentanti dei lavoratori e medico di fabbrica, compartecipazione utile alla stesura delle integrazioni al protocollo necessarie per tutte quelle lavorazioni specifiche che hanno bisogno di un occhio di riguardo”».

«In merito alla questione della sicurezza, conclude Alloni, “al problema del virus si somma anche il rischio di incremento degli infortuni sul lavoro in un momento in cui le emergenze non possono essere trattate come nella situazione pre-Covid-19” . Alcune tra le aziende significative per Bergamo come Italcementi, Foppa Pedretti, Tino Sana, Minelli ed Arditi stanno aspettando chiarimenti dal Ministero mantenendo l’assetto che si sono date con la sospensione delle produzioni e l’utilizzo dello smart working. Abbiamo anche segnali che indicano invece la volontà di ripartire con produzioni ridotte già dal 14 aprile tra cui alcune tra le più significative come Ferretti (barche), Magnetti, Marlegno, Capoferri serramenti, Cugini Spa (di Nembro). Sono in corso altre interlocuzioni proprio in queste ore con altre aziende».

«Diverso e variegato il discorso nel campo chimico-tessile. Su 402 aziende monitorate da Femca Cisl, 301 hanno una Cassa Ordinaria in atto, per oltre 18.000 lavoratori coinvolti. Invece, 85 proseguono regolarmente. Quasi tutte sono aziende del settore energia e chimica, che non si è mai fermato, adottando solo lo smaltimento ferie, poca cassa integrazione e smart working per gli impiegati. Solo qualche azienda ha fermato i reparti meno necessari, come Radicifil e Radiciyarn, o il settore cosmetico ( vedi Art Cosmetics) che ha fermato per qualche settimana, ma sta già meditando la ripartenza».

«Il tessile ha visto una frenetica attività volta alla riconversione del lavoro, come successo in Sitip, Radici o in altre piccole confezioni. Alcune grosse realtà sono tuttora in cassa (Parà , Albini , Carvico, Cristini) ma stanno organizzandosi per l’eventuale fase 2 e stanno già riaprendo gradualmente».

«“Il problema principale possiamo dire di averlo nelle aziende dello stampaggio gomma o plastica - dice Cristian Verdi, Femca Cisl -, perché erano quelle secondo noi meno necessarie. La plastica è nei codici Ateco ammessi per qualche settore: molte fanno flaconi per l’alimentare e il sanitario; altri per componenti compresi nella filiera dei beni essenziali, ma hanno comunque fermato dove possibile (Nolan , Gewiss e le grosse imprese dello stampaggio nella zona di Grumello). Diciamo che in queste settimane molte si sono attrezzate con igienizzazioni, sanificazioni e acquisto dei Dpi . Già molte aziende han chiesto la deroga e stanno già riprendendo o sono pronte a farlo il 14 aprile. Sono tutte realtà di media-piccola dimensione e molti artigiani. Dal punto di vista della sicurezza, le aziende maggiori lavorano tutte rispettando il protocollo. Non possiamo avere la certezza che sia così per quelle medio-piccole, dove anche prima del Covid-19 la sicurezza era già scarsa. Speriamo che i lavoratori capiscano che viene prima la salute e la vita e ci segnalino eventuali situazioni a rischio”».

«Nel settore Grafico Spettacolo e Tlc, “ solo la minoranza delle aziende è pronta e in regola con l’applicazione del protocollo. La maggioranza o è deficitaria in alcuni punti o peggio ancora non sa cosa sia un protocollo”, così Luca Legramanti, segretario generale Fistel Cisl. In questo settore, sono pervenute circa 100 domande tra Cassa Integrazione, Deroga, Fis. Molte sono aziende sono di piccole dimensioni, ma messe insieme alle “storiche” con ammortizzatori sociali attivi prima del Covid, coinvolgono quasi 4.000 dipendenti.

«“Una percentuale che oscilla tra il 15 e il 20% delle aziende che seguiamo (il totale delle sindacalizzate è di circa 180) è chiusa per decreto e non ha fatto richiesta di poter continuare l’attività lavorativa. Molte altre pur potendo lavorare sono chiuse per mancanza di lavoro. In tutte le realtà dove siamo presenti sindacalmente si è cercato di prestare da parte nostra la massima attenzione alla sicurezza e la salute degli ambienti di lavoro”».

«Difficile reperibilità dei Dpi. Confusione organizzativa e modalità di incontri solo da remoto complicano la situazione delle aziende. “Chi già aveva pecche organizzative, le ha viste esplodere con il Covid. Le aziende giocano al “fuggi fuggi”, lasciando spesso Rsu ed Rls in balia di decisioni lungamente attese e spesso superficiali”».

«Il 40% delle aziende ha cercato di rispondere correttamente alla situazione e ha implementato, sempre tramite confronto, un protocollo da seguire. Il problema più grosso è nel restante 60% , dove spesso non è stato possibile svolgere nemmeno da remoto gli incontri di confronto con le Rsu o con il sindacato territoriale. “Sono aziende non piccole e importanti e dove siamo dovuti ricorrere anche allo sciopero per portarli sulla retta via. Non a caso sono anche quelle dove la percentuale di lavoratori in malattia è superiore”».

«Ma il dramma vero - denuncia Fistel - “si sta svolgendo nelle aziende dove normalmente non siamo presenti, comunque meno di un centinaio. Li è il buio totale. Le segnalazioni che ci vengono fatte da questo mondo sommerso sono incredibili”».

© RIPRODUZIONE RISERVATA