Porta Nuova alla fine dell’Ottocento: i Propilei, il mercatino e i cancelli daziari

Da Storylab un’altra foto affascinante della Bergamo del passato: siamo in Porta Nuova alla fine dell’Ottocento.

Storylab stavolta ci porta in pieno centro, con una foto di Porta Nuova alla fine dell’Ottocento, con un mercatino, i Propilei e i cancelli daziari . I Propilei risalgono alla prima metà di quel secolo, anni di «fermento» sul piano urbanistico, con tante nuove costruzioni che si inseriscono nel programma di intervento pubblico dell’amministrazione austro-ungarica. L’intervento più rilevante fu la «Barriera delle Grazie», gli attuali Propilei, porta neoclassica che l’ingegnere Giuseppe Cusi progettò nel 1828, ispirandosi alle porte urbane di Parigi, Vienna e Milano. I Propilei rappresentavano l’avamposto del nuovo ordine urbano, definito con la costruzione del grande asse viario della strada Ferdinandea, oggi viale Vittorio Emanuele.

Erano chiamati «Barriera delle Grazie» perché in quel punto c’era il «portello delle Grazie», un passaggio stretto e angusto nell’antica cerchia delle Muraine , che metteva in comunicazione la strada di circonvallazione (le attuali vie Camozzi e Tiraboschi) con il prato di Sant’Alessandro, dove aveva luogo la Fiera. Il progetto originale per i Propilei prevedeva alcuni bassorilievi che non sono mai stati realizzati (si vedono nel disegno antico in questo articolo). Porta Nuova fu aperta nel 1837 e inaugurata ufficialmente nel 1838 , in occasione della visita di Ferdinando I d’Austria (dal quale prese il nome la strada Ferdinandea). I due caselli furono in uso alle guardie del dazio fino all’inizio del Novecento, quando fu abolito il dazio murato in città.

Nella foto si vedono i cancelli daziari tra i Propilei. I cancelli sbarravano non solo Porta Nuova, ma anche via Broseta, via Osio, Cologno, San Bernardino, Porta Sant’Antonio, Borgo San Tomaso, via Tre Armi e il vicolo Lapacano. Per attraversarli, bisognava pagare il dazio sulle merci, un balzello non troppo simpatico ai bergamaschi di allora. «Era davvero famigerata la cinta daziaria – si legge in uno scritto di Carlo Traini –. I cancelli ostruivano, impacciavano e infastidivano la circolazione, irretivano tutta la città quasi fosse un grande reclusorio di delinquenti pericolosi. Chi non li ha visti, quei cancelli, non può farsi un’idea della loro arcigna fisionomia ostile. Anche ad esservi abituati, incutevano timore e fastidio». «C’erano poi, a questi passaggi obbligati, le guardie daziarie; gente che, con poca creanza e meno riguardi, metteva le mai addosso a tutti e a tutto, ficcavano le stesse e il loro ispido mostaccio nelle ceste, nelle gerle, nei bauli, nei cassetti dei landò signorili come in quelli dei calessi o sotto i sedili dei barocci, sopra i carretti di legna o di vettovaglie; con una verga di ferro sforacchiavano involti di biancheria, sacchi e ceste di ortaggi e balle di fieno o fascine di legna da ardere. Dispute, litigi, ingiurie, parolacce, frizzi, moccoli davano empito drammatico a quest’azione farsesca di fastidiosi controlli».

Oggi Porta Nuova è luogo di passeggiate e shopping, uno spazio aperto dove non ci sono più cancelli e «balzelli». Ecco il confronto tra ieri e oggi con lo scatto del nostro Beppe Bedolis.

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