Greenpeace,sashimi Taiwan nemico di diritti umani e ambiente

Chi consuma sashimi pensando di fare una scelta "sostenibile" dovrebbe informarsi sulla provenienza del pesce: un bocconcino su tre, nel globo, arriva da pesca taiwanese. Un'industria, mette in guardia Greenpeace, che viola i diritti umani e fa abusi sugli animali. Il monito degli attivisti arriva insieme alla pubblicazione del rapporto "Made in Taiwan" in cui l'organizzazione denuncia metodi illegali e abusi perpetrati dalle flotte taiwanesi in tutto il mondo.

Tra i mercati di riferimento ci sono Stati uniti, Giappone e anche l'Europa. Tutti consumatori, sottolinea l'organizzazione, che "chiedono standard più elevati di quelli che Taiwan può offrire". Il corposo rapporto nasce da un anno di investigazione degli attivisti di Greenpeace East Asia su tonniere di Taiwan che ha portato alla luce "spinnamento illegale degli squali, abusi delle condizioni lavorative e dei diritti umani e l'incapacità di Taiwan di rispondere adeguatamente a questioni come omicidi e traffico di droga in mare". Il dossier arriva in prossimità della scadenza del "cartellino giallo" che la Commissione europea ha alzato lo scorso primo ottobre nei confronti di Taiwan, e delle isole Comoros, sul fronte della pesca illegale.

Bruxelles aveva dato ai due Paesi sei mesi di tempo per prendere misure adeguate e assicurare l'origine legale di quel che finisce sul mercato e in particolare nei piatti degli europei.

A livello globale, spiega Greenpeace, Taiwan possiede il maggior numero di tonniere ed è la sesta realtà ittica del Pacifico. "Grosse quantità di tonno pescato dalle flotte taiwanesi - sottolinea l'organizzazione - vengono esportate per la lavorazione in Thailandia, dove sono venute alla luce di recente gravi violazioni del lavoro e dei diritti umani". Nelle tonniere taiwanesi inoltre Greenpeace ha rilevato casi di sfruttamento dell'equipaggio straniero: "paga insufficiente, condizioni di lavoro tremende, sfruttamento, abusi verbali e fisici, decessi in mare".

Nel mondo, scrive il responsabile di campagna Yen Ning, si stima che vengono uccisi ogni anno 100 milioni di squali, normalmente impigliati nelle reti gettate dalle tonniere. "Nelle nostre indagini abbiamo scoperto almeno 16 casi di spinnamento illegale degli squali, solo in un porto e in un periodo di tre mesi". "Possiamo solo immaginare la portata più vasta di questa pratica". "E purtroppo questo avviene sotto il naso delle autorità - sottolinea Ning -. Un'imbarcazione nota per la pesca illegale e coinvolta in casi di spinnamento degli squali ha continuato ad operare anche dopo la denuncia di Greenpeace alle autorità". E poi ci sono le violazioni dei diritti umani, rimarca l'attivista: "Sulle imbarcazioni di Taiwan ci sono almeno 160 mila lavoratori stranieri, con numerosi "problemi di traffico di esseri umani e di persone costrette a lavorare".

"Senza un'azione urgente per affrontare in modo sistematico questi problemi", spiega l'organizzazione, "Taiwan rischia di mettere a repentaglio la sua industria ittica e, altrettanto importante, di esporre anche la sua reputazione commerciale internazionale se associata alla pesca di tonno e frutti di mare a un costo terribile per l'uomo e per l'ambiente". 

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