Clima/ Obama: Si rischia catastrofe, Cina: meno emissioni

Clima/ Obama: Si rischia catastrofe, Cina: meno emissioni Hu: Riduzioni "notevoli" entro 2020, fino al 15% di rinnovabili

Roma, 23 set. (Apcom-Nuova Energia) - Sul clima si deve intervenire immediatamente, o la catastrofe sarà irreversibile. E' l'allarme lanciato dal presidente americano Barack Obama al vertice sul cambiamento climatico voluto da Ban Ki-moon nella settimana di apertura della 64esima Assemblea generale a New York. E se il conto alla rovescia per un accordo sul post-Kyoto - in vista della conferenza che si terrà in dicembre a Copenaghen - è sempre più incalzante, da Pechino sono arrivati segnali positivi con il presidente Hu Jintao che si è impegnato a ridurre le emissioni di anidride carbonica per ogni unità di prodotto interno lordo di un "margine notevole" entro il 2020 (rispetto ai valori del 2005).Hu ha promesso "determinazione e iniziative concrete" a favore delle rinnovabili e del nucleare. Il livello di consumi della Cina (primo inquinatore del pianeta, davanti persino agli Stati Uniti) da fonti rinnovabili salirà "a circa il 15% entro il 2020", ha precisato il presidente aggiungendo che il suo paese sta lavorando per aumentare la sua capacità di assorbimento delle emissioni con un'estensione di superficie boschiva di 40 milioni di ettari, se si calcola il periodo che va dal 2005 al 2020."Vogliamo accelerare i nostri sforzi per sviluppare un'economia verde, un'economia a basso tasso di carbonio, l'accelerazione della ricerca e dello sviluppo, e della diffusione di tecnologie verdi" ha illustrato Hu. "Nella lotta contro i cambiamenti climatici - ha aggiunto - sono in gioco gli interessi comuni del mondo interno. La Cina è pienamente consapevole dell'importanza e dell'urgenza della questione - ha assicurato - per il senso di responsabilità che ha verso il suo popolo e nei confronti della popolazione mondiale".Oltre all'intervento del leader cinese era attesissimo anche quello di Obama, al suo esordio al palazzo di Vetro. Cina e Usa insieme producono il 40% delle emissioni mondiali di CO2. "La maniera in cui la nostra generazione risponderà allaminaccia dei cambiamenti climatici - ha detto il presidentedemocratico, su posizioni radicalmente opposte rispetto al suopredecessore, George W. Bush - sarà giudicata dalla storia: senon agiremo con forza, in maniera rapida e tutti insiemerischiamo di consegnare alle generazioni future una catastrofeirreversibile".Il presidente americano ha ammesso che "per troppi anni non si è fatto nulla e si è negata la gravità del problema", ma finalmente l'urgenza del nodo climatico, ha valutato, è condivisa da tutti. "Sappiamo cosa deve essere fatto, sappiamo che il futuro del pianeta dipende dalla riduzione dei gas serra in atmosfera" ha dichiarato l'inquilino della Casa Bianca, facendo notare che "questo è un nuovo giorno, questa è una nuova era e posso dire con orgoglio che gli Stati Uniti hanno fatto di più per l'energia pulita e per ridurre le emissioni inquinanti in atmosfera negli ultimi otto mesi che in qualsiasi altro periodo della storia".Il vertice di oggi all'Onu e il G20 di Pittsburgh, sempre questa settimana, aumenteranno la pressione sulle grandi potenze industriali perché a Copenaghen si impegnino a rispettare standard globali per la riduzione dei gas a effetto serra a partire dal 2013 e aiutino i paesi più poveri a bruciare meno carbone e preservare le loro foreste. La Cina e altre economie emergenti, tuttavia, sono riluttanti ad accettare target obbligatori. I paesi in via di sviluppo, ha ripetuto anche oggi Hu, "non dovrebbero essere sottoposti ad obblighi che vanno oltre il loro livello di sviluppo".Con appena tre settimane di tempo e "15 giorni effettivi per i negoziati" (Ban) prima della conferenza di Copenaghen, i leader mondiali sono per il momento "sulla strada del fallimento" ha suggerito il presidente francese Nicolas Sarkozy, che ha proposto un meeting preparatorio fra i principali inquinatori a metà novembre. Il padrone di casa, Ban Ki-Moon, aprendo i lavori del vertice, ha rimarcato che un flop in Danimarca sarebbe "moralmente ingiustificabile, economicamente miope e politicamente avventato". Il diplomatico sudcoreano, che ha denunciato una "lentezza glaciale" negli sforzi negoziali sin qui sostenuti, ha incitato i capi di Stato e di governo a "ritmi più sostenuti" e "più ambizione nella posta messa sul tavolo".L'Unione Europea chiede agli altri paesi sviluppati di aderire al suo impegno per la riduzione delle emissioni del 20 percento dai livelli del 1990 entro il 2020, ed è disposta ad arrivare al 30 percento se gli altri seguiranno l'esempio. L'Agenzia Internazionale dell'Energia (Aie) con sede a Parigi - come ha riferito il Financial Times - prevede intanto per quest'anno una riduzione globale delle emissioni del 2,6 percento, il record in oltre quarant'anni, per via della recessione economica che ha rallentato l'attività industriale.

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