E' il Super Bowl della crisi, meno sponsor ma la festa è salva
Tampa, Florida (Usa), 25 gen. (Ap-Apcom) - La crisi c'è e si farà
sentire anche sul Super Bowl, ma nel 'Super Sunday' lontano
appena una settimana l'ombra della recessione, agli occhi del
pianeta, sarà di fatto impercettibile. La finale numero 43 della
National Football League, in programma domenica tra Arizona
Cardinals e Pittsburgh Steelers, farà registrare il tutto
esaurito al 'Raymond James Stadium' di Tampa. Con il contorno
abituale di telecamere piazzate ovunque nel raggio di chilometri,
dell'intervallo da capogiro con il 'solito' pezzo da novanta del
rock (stavolta toccherà a Bruce Springsteen) e dei fiumi di
tifosi nelle strade. Ci sarà l'immancabile 'big story' per i
media (ovviamente è rappresentata dai Cardinals, in finale contro
ogni pronostico dopo decenni di anonimato), ci sarà chi farà
festa per la montagna di dollari generati dalla slot machine del
baccanale del football e ci saranno, ovviamente, tutti i rituali
connessi ai 60 minuti effettivi più redditizi nella storia dello
sport.
Ma la crisi che attanaglia il pianeta - e gli States in
particolare - non risparmia neanche il Super Bowl. La commissione
che organizza la finale si è vista costretta ad abbassare di un
milione di dollari il target inizialmente fissato per i
finanziamenti. Il motivo è ormai scontato ed è lo stesso che
all'orizzonte fa intravedere nuvole cariche di tempesta alle
società professionistiche della Nfl, del basket Nba o del
baseball Mlb: gli sponsor storici hanno deciso di spendere meno
o, in qualche caso, di non spendere affatto. Un grattacapo serio,
che da una parte rende meno ricco il Super Bowl, ma nel quadro
generale dell'economia sportiva mette a rischio i contratti con
le televisioni e quelli per i naming rights di quegli stadi
ribattezzati con i marchi di case automobilistiche, finanziarie e
gruppi bancari.
La crisi ha portato a revocare o ridurre drasticamente i
tradizionali party organizzati nella settimana del Super Bowl,
mentre diverse testate giornalistiche - alle prese con profitti
in picchiata e con il grattacapo delle nuovi abitudini del
mercato dell'informazione - si sono viste costrette ad
accreditare meno inviati. "Nessuno è immune all'economia, non lo
è la National Football League e non lo è la commissione del Super
Bowl", ha spiegato Reid Sigmon, direttore esecutivo degli
organizzatori. La commissione, vista la mancanza di sponsor, ha
dovuto rinunciare all'obiettivo di un finanziamento privato di
otto milioni di dollari accontentandosi di sette milioni.
Secondo i consulenti finanziari di PriceWaterhouseCoopers il
Super Bowl dovrebbe generare nella zona di Tampa una spesa
connessa direttamente alla partita pari a 150 milioni di dollari,
stima inferiore del 20 per cento ad un Super Bowl disputato con
un'economia più forte. La situazione, in ogni caso, può dare
luogo a qualche vantaggio. I biglietti per la partita venduti in
blocchi da mille pezzi, ad esempio, potrebbero andare via a 500
dollari il tagliando, 300 in meno rispetto all'importo stampato
accanto ai nomi di Cardinals e Steelers. Una buona notizia per i
tifosi, dunque.
A Tampa l'ufficio del turismo prevede l'arrivo di 100mila
appassionati, anche se dallo stesso ente si gioca la carta della
cautela quando si chiede una previsione sull'effettivo tutto
esaurito nelle 50mila stanze d'albergo disponibili nell'area
metropolitana della temporanea capitale del football. La faccia
mondana del Super Bowl risentirà parzialmente della crisi. Sports
Illustrated e Playboy hanno rinunciato ai tradizionali party
affollati di stelle dello sport e 'conigliette', ma qualche
tappeto rosso si stenderà comunque per offrire la passerella ai
'vip' previsti sul radar delle feste confermate, come quella
griffata dal magazine Maxim: l'attore Kevin Costner ed il
rapper-produttore Puff Daddy, le immancabili bionde (Jenny
McCarthy, Pamela Anderson e Carmen Electra) ed l'ultimo talento
della black music sfornato dalla Florida, il rapper T-Pain.
E in televisione? Il Super Bowl ovviamente porterà i cento
milioni di telespettatori pronosticati a subire la solita
overdose di pubblicità, anche se alcuni partner fissi della
finalissima (come General Motors e FedEx) hanno deciso di
disertare l'appuntamento per eccellenza del football. NBC, che
trasmetterà la finale, ha fatto sapere che a metà gennaio gli
spazi pubblicitari erano stati venduti per il 90 per cento. Un
affare, anche in tempi di crisi: gran parte degli spot avranno
infatti un costo di tre milioni di dollari per 30 secondi, un
record assoluto per la finalissima della Nfl. Il Super Bowl,
anche in tempi di vacche meno grasse, trova comunque il modo di
stupire.