Aiutarono Fatima ad abbracciare l’Isis
Coniugi di Treviglio rischiano processo

Rischiano di finire a processo con l’accusa di aver fiancheggiato una rete di jihadisti i coniugi di Treviglio Dritan e Lubjana Gjecaj, albanesi di 40 e 38 anni, coinvolti nell’inchiesta con al centro la figura di Maria Giulia «Fatima» Sergio, la 27enne di Inzago (Milano) che abbracciò la causa dell’Isis.

Aveva esultato per la strage nella redazione parigina di Charlie Hebdo e la morte di quei fumettisti trucidati era «cosa gradita». Scriveva così in due sms inviati lo scorso gennaio, all’indomani della prima ferita inferta alla Francia dai «soldati» dell’Isis la ragazza italiana che si è convertita all’Islam ed è partita per combattere in Siria, a fianco del marito mujaheddin, per l’esercito del califfo Abubakr Al Baghdadi.

Ora per lei, la prima foreign fighter italiana al centro di un’inchiesta e tuttora latitante, per Aldo «Said» Kobuzi, l’uomo con cui si è sposata nel settembre dell’anno scorso e con cui vivrebbe nella zona di Raqqua, e per altre 9 persone, tra cui il padre Sergio Sergio, la sorella Marianna e appunto i due coniugi di Treviglio, che le avrebbero dato supporto logistico, la Procura di Milano ha chiesto il processo. Le accuse a vario titolo sono terrorismo internazionale, organizzazione del viaggio per finalità di terrorismo e favoreggiamento.

La richiesta di mandare a giudizio gli 11 è stata firmata dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli e dal pm Paola Pirotta, titolari delle indagini che lo scorso luglio avevano portato a emettere ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di nove presunti jihadisti (5 dei quali latitanti), tra cui appunto «Fatima», il marito albanese e la madre di quest’ultimo, Donika Coku, che dalla Siria aveva assistito a «lapidazioni» e «teste mozzate». Cinque mesi fa andarono in carcere il padre, la madre (morta lo scorso 6 ottobre in ospedale a Vigevano) della ragazza di Inzago, paese nel Milanese, sua sorella Marianna, Baki Coku e Arta Kakabuni, due zii di Kobuzi. . I coniugi di Treviglio non furono arrestati ma indagati a piede libero in quanto risultarono fiancheggiatori, pagando anche i biglietti aerei con cui la 27enne di Inzago, il marito e la suocera hanno raggiunto la Turchia, prima tappa del loro viaggio verso il Paese del Medio Oriente insanguinato dalla guerra civile.

Secondo la ricostruzione dei pm, Maria Giulia Sergio, dopo aver lasciato il piccolo centro alle porte di Milano, arrivata in Siria, si è addestrata per mesi per combattere a fianco delle milizie del sedicente Stato Islamico: era pronta al «martirio» e stava «imparando a sparare» con il kalashnikov. Da lì via Skype avrebbe incitato i suoi familiari a seguire il messaggio del leader dell’Isis.

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