Tuffi fatali, lo sfogo del sindaco di Fara
«Ci sono divieti e cartelli, più di così...»

«Umanamente non può che dispiacere quando si verificano certe tragedie. Ormai, però, non sappiamo più come scongiurare il rischio che si ripetano. Tutto quello che potevamo fare è stato fatto». Sono amare le parole che il sindaco di Fara d’Adda Armando Pecis pronuncia dopo l’ennesimo annegamento, avvenuto venerdì pomeriggio, nel punto dove il canale dell’Italgen confluisce nell’Adda.

La vittima è Ibrahima Kande, 23 anni, senegalese che risiedeva con la famiglia a Bellinzago Lombardo (Milano). Pecis ritiene che il Comune ha fatto quanto poteva: sulle sponde sono stati installati cartelli multilingua che ricordano il divieto di balneazione nell’Adda; e anche dei salvagenti muniti di funi che possono essere lanciati a persone in difficoltà in acqua. È stata inoltre stipulata una convenzione con l’Associazione dei sommozzatori volontari di Treviglio che il sabato e la domenica hanno un presidio fisso proprio dove il fiume si incrocia con il canale dell’Italgen. «La terribile fama di questo punto dove sono annegate già diverse persone - spiega Pecis - dovrebbe poi convincere chiunque che fare il bagno nell’Adda a Fara può essere estremamente pericoloso. Purtroppo non è così anche perché ogni anno arrivano sul nostro territorio persone nuove che, probabilmente, ignorano quanto accaduto in passato». Il Comune finora non ha impiegato la polizia locale per sanzionare chi si tuffa non rispettando il divieto di balneazione: i motivi sono la carenza di personale e anche l’oggettiva difficoltà a multare bagnanti che fuggono di fronte agli agenti oppure forniscono false generalità. Per il Comune di Fara d’Adda non rimane che accettare lo stato dei fatti «e sperare - sostiene ancora Pecis - che se qualcuno decide, nonostante i divieti, di tuffarsi nel fiume, lo faccia almeno nel fine settimana quando si trovano sul posto i sommozzatori volontari di Treviglio che, in caso di emergenza, possono intervenire tempestivamente».

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