A Bergamo apre un Airbnb ogni tre giorni
La mappa del boom turistico in città

La mappa e i numeri del turismo extra alberghiero nella città di Bergamo. Negli ultimi anni Airbnb, case vacanza e affittacamere hanno registrato un vero boom.

A Bergamo apre un Airbnb ogni tre giorni. Non si tratta di stime: sono i dati delle « segnalazioni certificate di inizio attività» (Scia) presentate dai cittadini nei primi mesi del 2018. Dal 1 gennaio al 10 aprile l’ufficio commercio di Palafrizzoni ne ha ricevute quaranta, in linea con l’andamento dello scorso anno. Al netto di chi ha aperto i battenti senza chiedere nessun via libera, il Comune di Bergamo ha registrato in tutto 631 strutture tra bed&breakfast, case vacanza, affittacamere. In realtà sono almeno un centinaio di più, come dimostrano i dati ottenuti da Socialbeat, società bergamasca di data mining fondata da Marco Sangalli, che ha scandagliato il sito per ottenere il quadro preciso di tutti gli alloggi cittadini. La mappa tracciata, che vi proponiamo, conferma i numeri diffusi poche settimane da Alessandro Tommasi, public policy manager di Airbnb, a Bergamo per presentare l’accordo con il Comune per la riscossione automatica della tassa di soggiorno: nell’ultimo anno le strutture sono passate da 514 a 780 con una crescita del 36%.

LA MAPPA DEGLI ALLOGGI

LA NUOVA TASSA DI SOGGIORNO - La novità bergamasca del 2018 è proprio la tassa di soggiorno riscossa direttamente dal sito di Airbnb. Dal 1° giugno la piattaforma incassa e versa automaticamente l’imposta al momento della prenotazione e la gira poi con cadenza trimestrale alle casse comunali. Tassa che - con la novità approvata il 26 marzo scorso in Consiglio comunale - è quantificata nella misura del 5% sul costo del pernottamento (al netto di Iva e di eventuali servizi aggiuntivi) con il limite massimo di 4 euro a persona per pernottamento (leggi qui tutte le novità). Bergamo, dopo un anno di lavoro, è la seconda città in Lombardia, dopo Milano, a stringere un patto di questo tipo. A bilancio, per quest’anno, Palafrizzoni ha previsto un’entrata di 1,3 milioni di euro da tutto il comparto alberghiero ed extralberghiero. Cifra che a questo punto potrebbe aumentare di almeno 300 mila euro, l’evasione stimata finora per il settore degli affittacamere non professionali registrati su Airbnb. Da gennaio la Polizia locale non ha registrato nessun caso, ma nel corso del 2017 sono state tre le sanzioni comminate ai trasgressori. C’è chi pensa che per tentare l’avventura di «host» (chi ospita) sui noti portali web (Airbnb, Homelidays o Casavacanza.it) basti una registrazione on line. Ma non è affatto così. La segnalazione certificata di inizio attività (Scia) è obbligatoria anche per chi non affitta in forma imprenditoriale.

LA CEDOLARE SECCA - A livello nazionale invece la battaglia sulle tasse si consuma nel segno della cedolare secca: la normativa, introdotta lo scorso anno, prevede che gli intermediari immobiliari raccolgano le tasse dovute dai proprietari (esattamente come a Bergamo per la tassa di soggiorno, ma esteso anche alla cedolare secca) e girino i dati all’Agenzia delle Entrate. Per la seconda volta Airbnb non è riuscita a ottenerne la sospensione. Il Consiglio di Stato ha respinto l’istanza con cui la piattaforma chiedeva di riformare l’ordinanza del Tar Lazio del 18 ottobre 2017, che aveva già negato in via cautelare la sospensione della tassa, e di poter riproporre la richiesta: la domanda doveva essere presentata al Tar.

Soddisfatta Federalberghi, che auspica «che l’Agenzia delle Entrate provveda al più presto al recupero di quanto dovuto e che i comuni smettano di sottoscrivere accordi con soggetti che non hanno vergogna di evadere le tasse». «Federalberghi campione di fake news, l’evasione è a casa loro. Dal Consiglio di Stato solo l’invito a continuare il ricorso al Tar», replica Airbnb, con cui si schiera il Codacons: «Dopo l’entrata in vigore della tassa, in Italia sono stati disattivati 30.000 annunci di case in affitto tramite Airbnb, che rischia 180 milioni di multa».

La questione, quindi, non è chiusa. Sulla vicenda dovrà tornare il Tar: l’udienza è fissata a ottobre. La cedolare secca al 21% sugli affitti brevi (sotto 30 giorni), su cui anche l’Antitrust sollevò dubbi prospettando ripercussioni sugli utenti finali, è stata introdotta con la manovra correttiva 2017. Airbnb la impugnò al Tar Lazio, che a ottobre 2017, pur riservandosi di approfondire alcuni punti «meritevoli di ampia riflessione» nella seconda fase, quella di merito, non sospese la tassa e ritenne che non fossero discriminatori gli obblighi di versamento che competono agli intermediari. Contro la decisione la società che gestisce affitti on line presentò appello. E il 13 dicembre scorso il Consiglio di Stato, giudicando «meritevoli di un attento apprezzamento» le questioni poste, aveva ordinato al Tar l’”immediata fissazione» di un’udienza. Nel frattempo, il 27 aprile 2018, Airbnb è tornata al Consiglio di Stato per riproporre la richiesta di sospensiva sulla base di «mutamenti delle circostanze». Ma la IV sezione presieduta da Paolo Troiano ha respinto come «inammissibile” l’istanza, ritenendo che andasse proposta «davanti al giudice competente per il merito e presso cui pende la causa, ossia il Tar». L’udienza è per ottobre, ma Airbnb potrà tramite i suoi legali chiedere al Tar un’anticipazione per fatti sopravvenuti. Nel frattempo, però, la tassa resta. A livello globale Airbnb ha chiuso il 2017 con un utile operativo di circa 100 milioni di dollari e con prenotazioni in crescita del 150%.

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