«Bergamo sarà l’ultima a ripartire
L’incendio può divampare ancora»

ll virologo Fabrizio Pregliasco sposa la strategia della prudenza per la ripresa. «Dovrà avvenire per gradi. Necessari tracciamenti dei focolai e test sierologici su larga scala».

Se mai nelle prossime settimane ci saranno prove tecniche di ripartenza, la provincia di Bergamo non sarà in prima fila. Anzi, probabilmente sarà l’ultima a (ri)partire. Perché in Bergamasca il contagio si è abbattuto con una forza devastante e perché basta un attimo per gettare al vento tutti i sacrifici fatti dai cittadini in questo tragico mese e mezzo di stop.

Le visioni degli esperti, in realtà, sono due. Che più opposte non si può. C’è chi sostiene che a Bergamo il coronavirus abbia contagiato un po’ tutti - molti senza nemmeno rendersene conto - e che quindi siamo molto vicini all’iniziale idea, tutta inglese, di sperimentare l’immunità di gregge. A carissimo prezzo, purtroppo.

L’altra visione invece dice che è meglio scegliere la strada della prudenza. Quindi tutto chiuso, anche quando le altre province pian piano ripartiranno. Il discrimine è uno solo: i controlli attraverso test sierologici che permetterebbero ai cittadini di ottenere una «patente di immunità» e tornare a lavorare per far ripartire il Paese.

Tra gli esperti che indicano la via della prudenza c’è anche Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università degli Studi di Milano e direttore sanitario dell’Irccs Galeazzi. «A un certo punto ci sarà una ripartenza, ma non da zero - spiega -. Non ci sarà un “dopo” in senso assoluto. La decisione di aprire non verrà presa senza più il virus, ma con una quota tollerabile di casi. Quel “tollerabile”, sia chiaro, è un concetto tutto politico e non scientifico».

Bergamo? Ultima della fila. «A mio avviso bisognerebbe classificare le Regioni in base al rischio. La Lombardia non dovrà essere la prima, anzi dovrebbe essere previsto un allungamento dei tempi. In zone come la Sardegna è logico che si possa velocizzare. Qui no. E se la Lombardia sarà l’ultima, Bergamo potrebbe essere l’ultima in Lombardia. Quella che si è abbattuta sulla vostra provincia è un’ondata devastante. Meglio dirlo subito: la nostra e la vostra estate non sarà il massimo perché sarà necessario, in quella che verrà chiamata fase 2 o 3, avere un tracciamento dei focolai. L’epidemia è come un incendio. Le brace può rimanere nel sottobosco e quando si riapre c’è il rischio che l’incendio riparta». Solo con test sierologici a larga scala si potrà verificare se il contagio è stato talmente elevato da porre alcune aree al limite dell’immunità di gregge. Una possibilità che si può verificare con numeri davvero imponenti e quindi con un imponente dispiegamento di risorse per accertarlo. Il test verifica se un ex malato guarito dal virus ha sviluppato gli anticorpi che gli consentiranno di non ammalarsi di nuovo (non si sa per quanto, però). «Da un punto di vista epidemiologico il test è utile - spiega Pregliasco -. Se fatto a campione sulla popolazione aiuta a stabilire una possibile quota di immuni. Magari Bergamo può avere una quota più alta degli altri. A livello nazionale però non mi aspetto una percentuale così elevata di popolazione colpita. È tutto da verificare».

«Scordiamoci la movida»

La certezza per ora è che nel mondo dopo la quarantena dovremo cambiare abitudini. «Il distanziamento sociale sarà fondamentale - continua Pregliasco -. Un altro cardine sarà il lavaggio frequente delle mani e l’utilizzo della mascherina. Dobbiamo iniziare a considerarla come un vero indumento, perché la porteremo a lungo. Per le fabbriche ci si dovrà attenere al documento di valutazione del rischio per garantire le condizioni di sicurezza. È chiaro che aggregazioni sociali al di sopra delle cinquanta persone saranno un problema. Le partite di calcio, sempre che il campionato riprenda, si dovranno giocare a porte chiuse. Bar e discoteche saranno le ultime a riaprire. So che può essere crudele detto così, ma la movida dobbiamo scordarcela per un po’».

E anche gli spazi dovranno adattarsi alle nuove regole. Tutto dovrà essere più ampio per garantire il distanziamento sociale, ci potranno essere ingressi a numeri chiusi in luoghi particolari. «È un prezzo che dobbiamo pagare almeno per i prossimi due anni - conclude Pregliasco - fino a quando verrà trovato e sperimentato un vaccino. L’unica arma per abbattere in modo definitivo questo virus».

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