Bossetti, le prossime tappe del caso
«La battaglia è solo agli inizi»

Il lungo capitolo del processo di primo grado a Massimo Bossetti si è chiuso venerdì 1 luglio: «Ergastolo». La sentenza è stata pronunciata al termine di una giornata molto tesa in cui il muratore di Mapello, accusato di essere l’assassino di Yara Gambirasio, ha implorato di giudici di ripetere l’esame del dna.

L’ultima mossa non è bastata ad evitare il pesante verdetto. Bossetti è stato poi trasferito nel carcere di via Gleno dove ha trascorso gli ultimi due anni in attesa del giudizio di primo grado. La sua battaglia non è finita. I suoi difensori Claudio Salvagni e Paolo Camporini hanno già annunciato il ricorso in appello.

IL PROCESSO - Quando comincerà il secondo capitolo del processo? Le stime portano a indicare la primavera del 2017. avranno 45 giorni di tempo per impugnare la sentenza e depositare il ricorso. La partita si sposterà quindi a Brescia, sede distrettuale della Corte d’Appello. È lì che si celebrerà il processo di secondo grado (aperto al pubblico) . Considerando le tempistiche, la prima udienza potrebbe essere fissata a primavera 2017.Non sarà però un processo lungo come quello di Bergamo. L’appello infatti si celebra sugli atti del processo di primo grado. C’è una variabile di non poco conto che potrebbe cambiare le carte in tavola e dilatare i tempi. La difesa intende infatti riproporre la sua richiesta di nuovi accertamenti genetici. La Corte d’Assise d’appello concederà oppure respingerà l’istanza, come già fatto dai giudici di primo grado? Questo sarà il nodo cruciale del processo.

LA PRIMA NOTTE - Dopo la sentenza, venerdì sera, Massimo Bossetti è stato riportato in carcere dagli agenti della polizia penitenziaria. Ha cenato, poi si è preparato per la notte. Divide la cella con un altro detenuto (prima erano in tre, ma uno di recente è tornato in libertà) nella sezione protetti del carcere di via Gleno, quella riservata a chi, per il codice non scritto che governa la convivenza fra i carcerati, potrebbe essere ritenuto dai detenuti comuni un «infame», per aver collaborato con la giustizia o per essersi macchiato di delitti come abusi su minori o violenze sulle donne.

Nella notte è stato controllato a vista dagli agenti, che non lo hanno perso d’occhio neppure per un minuto. Uno che è appena stato condannato all’ergastolo è da considerarsi fra i soggetti a rischio: un cedimento psicologico, un momento di sconforto, potrebbero portare a gesti inconsulti. «Non ne farò», confida però Bossetti al suo legale Salvagni. «Mi ha assicurato – conferma l’avvocato – che terrà duro. È affranto, certo. Ripete: non ho mai fatto del male a nessuno in vita mia. È disperato per la condanna ma altrettanto determinato a combattere ancora e far valere le sue ragioni al processo d’appello. Va avanti per quello».

LA DIFESA - «Le sentenze si rispettano – hanno detto all’unisono i difensori Claudio Salvagni e Paolo Camporini dopo la sentenza –, dunque aspetteremo le motivazioni che saranno depositate entro novanta giorni a partire da oggi e valuteremo il da farsi. Siamo in ogni caso sereni e convinti di aver fatto il massimo. È scontato che ricorreremo in Appello e di sicuro si andrà poi in Cassazione. La battaglia è solo agli inizi. Tutto si basa su indizi, non c’è alcuna prova». Ma la sentenza, chiediamo, ha sposato per intero la tesi accusatoria? «Aspettiamo le motivazioni prima di esprimere un parere, un giudizio di questo genere». «È solo il primo step di una battaglia lunghissima che durerà ancora molto», ha tagliato corto Camporini. L’avvocato ha poi passato in rassegna questi mesi estenuanti, irti di duri scontri e confronti fra pm, difesa, consulenti e parte civile: «Abbiamo fatto un lavoro straordinario, abbiamo messo abbastanza dubbi. Qui ci sono più anomalie che marcatori; i controlli positivi e negativi del Dna non sono acqua fresca, se non tornano significa che il risultato non è valido», riferendosi alle verifiche del Dna per la quale hanno chiesto «la ripetizione del test», «tappa fondamentale per provare l’innocenza di Bossetti».

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