Calderoli e gli insulti alla Kyenge
Parola alla Corte Costituzionale

Il Tribunale di Bergamo ha trasmesso gli atti alla Consulta sul caso Kyenge-Calderoli sollevando il conflitto d’interesse.

Tutto va ricondotto al famoso termine «orango» con il quale l’ex ministro leghista aveva bollato l’allora ministro il 13 luglio 2013, alla festa della Lega di Treviglio. Secondo i giudici bergamaschi, la parola «orango» non è attribuibile alla normale dialettica politica e al conflitto in corso tra l’esponente leghista e l’ex ministro sui temi dell’immigrazione. Lo scorso settembre, il Senato aveva dato il via libera all’autorizzazione a procedere nei confronti di Calderoli per diffamazione ai danni della Kyenge, ma aveva respinto la richiesta del Tribunale di Bergamo di procedere per il reato di istigazione all’odio razziale.

Nell’udienza del 27 ottobre il pm Gianluigi Dettori aveva però chiesto che il Tribunale sollevasse il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato e che sia la Corte Costituzionale a pronunciarsi sul caso. Il Senato, sempre secondo i giudici bergamaschi, non avrebbe avuto la competenze di scindere il reato in sé e per sé dall’aggravante razzistica, invadendo così il terreno di competenze della magistratura. Da qui la decisione di investire la suprema Corte che dovrà decidere se il termine «orango» rientri o meno nelle funzioni di parlamentare esercitate dal senatore Calderoli durante il comizio.

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